Come t’ammazzo il figlio e poi ti ¢on$olo...

2010-07-20

Una cara amica mi ha segnalato una pagina web che è un capolavoro di falsità e di ipocrisia. Si trova sul sito dell’AIED.
Breve parentesi: che cos’è l'AIED?  La sigla recita “Associazione Italiana per l’Educazione Demografica” e da decenni propugna tutte quelle conquiste della modernità che sono la contraccezione, la sterilizzazione e l’aborto di massa, con quell’aggettivo, demografica, che dà una sfumatura neomalthusiana alla faccenda, ovvero: “meno figli si fanno, meglio è”, perché “meno siamo, meglio stiamo”.
La pagina in questione si intitola «Percorso AIED post IVG»
Le donne che richiedono interruzione volontaria di gravidanza vengono accompagnate e assistite in un percorso che si rivela critico per diverse ragioni. Il modo in cui è stato strutturato tale percorso in AIED ha la finalità di ridurre quella criticità che deriva dai sentimenti di solitudine ed auto-colpevolizzazione in cui può incorrere una donna che richiede un’interruzione di gravidanza.
Ah, ecco, come sono gentili: le donne che vogliono abortire vengono accompagnate ed assistite. Ma come mai il percorso si rivela critico? e quali sono queste diverse ragioni? Non ci avete raccontato che l’embrione e il feto sono solo un grumo di cellule e che abortire dal punto di vista etico è equivalente ad un’appendicectomia? Chissà se l'AIED accompagna e assiste anche chi si deve togliere l’appendice: forse che le donne non hanno diritto di sentirsi sole senza più avere la compagnia di quel vermicello attaccato all’intestino, e di sentirsi colpevoli per averlo rimosso dalla propria vita?
Lo stesso giorno in cui l’utente viene in Consultorio per la visita ginecologica che permette la certificazione dello stato di gravidanza, le viene proposto un colloquio gratuito con la psicologa. Il tipo di relazione che la psicologa propone all’utente è di ascolto non giudicante ed ha l’obiettivo di facilitare l’espressione delle emozioni e delle motivazioni di una scelta sempre e comunque dolorosa.
Beh, si può non essere non d’accordo con loro, però bisogna riconoscere che sono davvero altruisti, e il colloquio con la psicologa non lo fanno pagare. Meno male, perché costa parecchio! Ma continuo a non capire: la psicologa si pone in relazione non giudicante. E cosa ci sarebbe da giudicare? E perché poi la scelta è sempre e comunque dolorosa? E perché allora, altruismo per altruismo, quelli dell’AIED  se magari vedono qualche incertezza, non aiutano la donna, pardon, l’utente, a tenersi il bambino?
Al termine del primo ciclo gratuito di colloqui (in genere non più di 4) viene proposto un progetto per il futuro che potrebbe tradursi, a seconda dei casi, in un altro ciclo di colloqui individuali a pagamento, oppure nella frequentazione dei gruppi gratuiti come ad esempio il gruppo per il miglioramento dell’autostima. Se l’utente non desidera o non ha la possibilità di frequentare gruppi o di intraprendere un percorso psicologico individuale, la psicologa che l’ha seguita si impegna nel monitoraggio delle condizioni di benessere psicofisico dell’utente previa autorizzazione da parte della stessa.
Ma non ci avevano detto che la sindrome post aborto non esiste ed è un’invenzione degli antiabortisti?  Ma allora l’AIED, dopo avere accompagnato e assistito la donna verso una scelta irreversibile, verosimilmente senza averle proposto aiuti o alternative – ricordate bene l’aggettivo demografica: meno siamo, meglio stiamo – come fa a ricavare dalla inesistente sindrome post aborto dei soldi? E un bel po’, oltretutto! Eh sì, perché le psicoterapie costano, e molto. Vuoi mettere quanta pecunia si può ricavare da una bella psicoterapia, magari a vita, interminabile, á-la-Freud? E non è che magari i primi colloqui gratuiti, lungi da essere un atto d’altruismo sono stati solo un assaggio per invogliare l’utente a comprare la costosa confezione maxi del prodotto, un po’ come avviene nei supermercati?
Oh, naturalmente se la donna non vuole o non può pagare la psicoterapia può comunque frequentare un gruppo o avere il privilegio di una psicologa che si impegna nel monitoraggio delle condizioni di benessere psicofisico dell’utente. Oh, qual suprema consolazione! Morire dentro, però sapendo che chi ti ha aiutato a ferirti a morte sta monitorando le condizioni di benessere psicofisico di te, utente!
Come si dice? Cornuti e mazziati!

Percorso AIED post IVG


2 commenti:

Elisa Corradini ha detto...

Da profana, mi sono fatta l'idea che la sindrome post-aborto esista soprattutto perché ci sono persone come chi ha scritto questo post le quali colpevolizzano chi abortisce; sentendosi ripetere ogni due minuti che sono delle assassine, queste donne finiscono per entrare in crisi, magari proprio perché non si sentono in colpa e vivono uno scollamento tra la buona opinione che loro hanno di se stesse e della scelta che hanno preso e la cattiva opinione che sembra avere il resto del mondo,
Una mia parente che ha abortito, ha sofferto il giudizio di alcuni dottori antiabortisti ed il dolore fisico dell'intervento, ma essendo circondata da amiche e familiari che non l'hanno mai vista come l'assassina di suo figlio, proprio perché non pensano che un feto sia un bambino, non ha avuto problemi in seguito all'interruzione di gravidanza e vive serena, a mio parere, molto di più che se si fosse ritrovata prima a portare avanti una gravidanza fino al nono mese e poi, eventualmente (si può sempre partorire senza riconoscere il neonato), ad allevare un bambino.
Io mi sono trovata solo a ricorrere alla pillola del giorno dopo a causa di rotture dei preservativi e di certo non me ne vergogno né me ne faccio un cruccio!

agapetòs ha detto...

Salve.
Attenzione perché qui non si parla di generico senso di colpa ma di gravi disturbi psichici.
E non si spiegherebbe perché in Finlandia, dove credo che il movimento pro-life sia quasi inesistente, sia stato rilevato un incremento del numero di suicidi tra le donne che hanno abortito (vedi qui).
Grazie della visita e del commento.