Ho lasciato che quel macellaio la facesse a pezzi

2009-10-27

Questo post è su un tragico — e ipocrita — rituale che si consuma in alcune ‘cliniche’ abortiste. È accennato anche in questo post, ma i dettagli superano ogni immaginazione.
Per il contenuto esplicito la lettura e la visione sono sconsigliate alle persone impressionabili.


Il medico abortista di Wichita George Tiller offre un servizio di commemorazione nell’edificio dove esegue aborti a nascita parziale. La mamma ed il papà delle immagini qui sotto hanno dato a Tiller alcune migliaia di dollari per uccidere Tess, la loro bambina. Una pro-life che li aveva incontrati all’ingresso della clinica per aborti non è riuscita nel suo sforzo di dissuadere la madre da entrare, ma è riuscita a dare il suo indirizzo alla mamma. In seguito, la mamma e la pro-life hanno avuto una corrispondenza e sono diventate amiche. In questo modo la comunità pro-life ha avuto queste foto. Noi di KGOV.com abbiamo deciso di condividere con i nostri ascoltatori il dolore della madre e la prova fotografica della depravazione dei medici abortisti, nella speranza di promuovere la nostra battaglia contro l’uccisione legalizzata dei bambini.



La piccola Tess, avvolta nel vestitino, con una bella rosa, un orsacchiotto ed un immagine di Gesù, tutti strumenti per alleviare la coscienza dei genitori che hanno appena ucciso la loro irripetibile e cara figlia.



La lettera della madre:
Cara Sharyn,
Grazie per l’ascolto. Ecco le immagini di Tess. Mi sento così male per i sorrisi sul mio volto in alcune foto. Ero sotto shock, non sono per niente felice. Per me Tess era bella perché era mia figlia. Ho lasciato stare le foto in un certo senso nude perché sono molto vivide e mi vergogno anche di aver permesso a qualcuno di farle quei terribili segni sul corpo. Che tipo di madre sono? Ho lasciato che quel macellaio la facesse a pezzi. Avrei dovuto proteggerla. Ora tutto ciò che sento è la sua mancanza.
Grazie ancora,
                            *****


Noi di KGOV.com, Bob, Doug e lo staff, siamo molto grati che la mamma si sia pentita del suo crimine terribile. Ora preghiamo affinché il padre si penta e che entrambi chiedano a Gesù Cristo di perdonare i loro peccati.
Nell’immagine a lato, il papà della bambina le sta dando un orsacchiotto, forse perché ci giochi nell’inceneritore di George Tiller, che egli usa per disfarsi a poco prezzo dei corpi. La bocca e il naso di Tess sono contorti. I “pro-choice” appoggiano questo tipo di aborto a nascita parziale. George Tiller ha usato un forcipe per tirare le gambe di Tess attraverso il canale del parto e poi ha fatto uscire il suo petto, ma si è fermato appena prima che uscisse la testa. Si è fermato a questo punto per prima ucciderla e poi farla uscire del tutto. Perché? Secondo una sentenza della Corte Suprema degli USA, la può uccidere impunemente finché la sua testa è ancora dentro la madre, ma qualche centimetro ancora e si espone al crimine di omicidio. Mentre la testa di Tess era ancora dentro e Tess stava muovendo le sue braccia e le sue gambe, Tiller ha perforato la sua nuca con uno strumento acuminato ed ha inserito un aspiratore per risucchiarle le cervella. Ora che è morta, lui fa collassare il suo cranio, e solo a questo punto la rimuove dalla protezione del grembo di sua madre.
La bambina è stata uccisa perché aveva la fibrosi cistica. Tess ha ora una sorella, nata all’inizio del 2000, ed essa pure ha la fibrosi cistica, ma questa cara sorellina è stata risparmiata e non giustiziata per il crimine di essere ammalata.




http://kgov.com/gallery/abortion/wichita-memorial/memorial.html


Diedi a mio figlio il bacio d’addio

2009-10-11

Un’altra testimonianza di un uomo ferito dall’aborto.

Nell’ottobre del 2006 scoprii che stavo per diventare padre. La mia ragazza, che stava con me da sei mesi, era incinta di nostro figlio. Nessuno di noi aveva pianificato questa gravidanza, e neanche parlato di questa possibilità. Questo sarebbe diventato il mio più grande rimpianto. Come quando dissi che non ero pronto per avere un figlio. Lei mi disse che non poteva proseguire la gravidanza e doveva abortire. Andò dallo staff infermieristico del Boston College una settimana o due dopo avere scoperto di essere incinta. L’infermiera del BC le disse che avrebbe fatto meglio ad abortire, e le disse dove avrebbe potuto farlo. Allora non vi diedi troppa importanza perché volevo che lei rimanesse calma e tranquilla.
La portai a un centro di aiuto alla gravidanza di Boston quando era incinta di 5 settimane, così che potesse considerare le scelte disponibili oltre a quella di abortire. La donna del centro fissò un appuntamento per farle un’ecografia così che potesse vedere il bambino. Andammo per la sua prima ecografia quando era incinta di 5 settimane. Non riuscimmo a vedere molto a questo punto, ma vedemmo il battito cardiaco di nostro figlio. Il tecnico ecografo disse che era ancora troppo presto per vedere il nostro bambino, e di tornare dopo due settimane e mezzo – tre settimane. Tornammo dopo tre settimane per un’altra ecografia e fu allora che vedemmo il nostro bambino. Nostro figlio era ad 8 settimane di gravidanza ed aveva le dita nelle mani e nei piedi, occhi, ogni cosa. Vidi ed udii il battito del cuore di mio figlio e piansi. Fu un’esperienza sconvolgente e bella per me, finché lei non mi guardò e mi disse: “Per cosa piangi? anche i vermi hanno il battito cardiaco”. Sua sorella si era offerta di darle 500 dollari per pagarle l’aborto. Insisteva che avrebbe abortito, e che pensava di farlo nel fine settimana, e ruppe con me appena prima.
Chiamai la clinica per aborti e chiesi quali fossero i miei diritti; mi dissero: “Non ne ha”. Poi chiesi loro: “Che cosa ne fate dei bambini abortiti? Voglio seppellire il mio bambino”. Mi dissero che non era un bambino, era un feto, di non chiamare mai più o avrebbero avvisato la polizia. Le mie mani erano legate. Io, come padre, non avevo nessun diritto legale di proteggere il mio bambino da una morte procurata da un “medico”. Chiamai chiunque mi venne in mente per vedere quali fossero i miei diritti ed ottenni la stessa risposta: “niente”.
La settimana prima che mio figlio fosse abortito provai ad andare un’altra volta dalla madre di mio figlio per chiederle di non farlo. Ma lei era irremovibile sul fatto che avrebbe abortito, e mi disse di andarmene. E allora le chiesi se potevo fare un’ultima cosa prima di andarmene, lei mi disse che andava bene. Allora mi misi in ginocchio e baciai la pancia della madre di mio figlio e dissi: “Ti amo, e papà ti vedrà in Cielo”. Presi le immagini dell’ecografia e me ne andai.
Il giorno in cui mio figlio fu abortito fu un giorno molto doloroso per me. Fui informato che mio figlio era stato abortito nel pomeriggio del 2 dicembre 2006. Fu l’esperienza più dolorosa che io abbia mai vissuto. La relazione con la donna che pensavo avrei sposato finì e persi il mio primo figlio. Non volevo andare avanti, provavo troppo dolore. Non mangiavo, non dormivo. Avevo incubi del mio figlio che veniva abortito. Il giorno dopo quello in cui fu abortito mio figlio andai a trovare il mio pastore ed egli mi suggerì di fare una commemorazione per il mio figlio non nato. Accettai il suo consiglio, e ne feci una la domenica seguente nella sua chiesa. Feci venire i miei genitori ed alcuni amici. Fu una cerimonia breve ma molto dolorosa. Non pensavo che mio figlio avrebbe incontrato Dio prima di me.
Dopo quel giorno le cose furono ancora molto dolorose. Non riuscivo ancora a dormire o a mangiare, e pensieri suicidi riempivano la mia testa ogni ora che ero sveglio. Frequentavo corsi biblici e corsi biblici sul post-aborto più che potevo. Quelle erano le uniche persone che capivano. Ci sono stati momenti in cui non ricevevo sostegno nemmeno in chiesa. A un uomo non si permette davvero di essere in lutto per la perdita del suo figlio non nato. Mi dissero cose come: “Tuo figlio non era neanche nato, e quindi passaci sopra”, “Non era ancora un bambino”, e c’erano perfino persone che dicevano: “Tuo figlio meritava di morire”. Nessuna di queste cose mi aiutò a guarire e mi misero solo ulteriormente in una condizione di depressione.
Quell’inverno mi invitarono alla marcia di Right to Life a Concord nel New Hampshire. Pensavo che avrebbe potuto farmi bene, così andai. Incontrai un uomo che gestiva un centro di aiuto alla gravidanza a New York. Dopo aver parlato con lui per un po’, egli mi invitò a New York per l’estate. Decisi di andare a fare un tentativo.
Il 12 luglio 2007, il giorno in cui mio figlio sarebbe dovuto nascere, andai a New York per servire Dio ed aiutare uomini e donne in situazioni come quella in cui ero io. Mentre ero lì ho prestato assistenza a circa 500 uomini e donne e, attraverso Dio, ho salvato almeno 100 vite dall’aborto. Ho continuato a fare questo lavoro a Manchester nel New Hampshire facendo assistenza per la strada, nei centri, ho coordinato “40 giorni per la vita” nel New Hampshire, e ho cominciato a parlare in diverse chiese ed eventi, parlando della mia esperienza e di come l’aborto colpisca gli uomini. Mi sono recentemente spostato in Florida dove sto facendo lo stesso lavoro. Anche se non sono mai riuscito ad incontrare mio figlio, il mio bambino mi manca ogni giorno. So che mio figlio ora è tra le braccia di Gesù ed io lo incontrerò e lo abbraccerò in Cielo.

testimonianza di Theo Purington

http://www.prolifeunity.com/index.php/site/theopurington