Una parte di me è morta con il mio bambino

2010-11-17

Dal sito del Dono un’altra toccante testimonianza.
Ringrazio questa giovane donna che ha trovato la forza per uscire dal proprio isolamento e Serena Taccari che sta donando a tante donne una occasione per ‘rinascere’.

 

Mi sono iscritta al forum circa quattro anni e mezzo fa. Avevo diciotto anni e mezzo e per incomprensioni con una persona che ha cercato di aiutarmi, qui del dono, non mi sono fatta aiutare.
Vorrei che la mia testimonianza potesse essere di supporto. Non sono qui per decantare tutte le sciagure che hanno seguito il mio aborto: se esiste una via, vorrei che potessere essere utile la piccola storia di una persona che ha fatto di tutto per non imboccarla.
Ho scelto un fidanzato sbagliato a 16 anni, per fuggire alla separazione dei miei genitori in casa: ho scelto, o meglio, mi sono innamorata dei suoi problemi. Incapace di liberarmi di lui, da ragazzina viziata che poteva permettersi di essere ribelle, me lo sono tenuto come capro espiatorio di una forma di autodistruzione che ho sempre covato dentro di me: niente di strano, anche mia nonna e mia madre sono state portatrici di sindrome bipolare e di sindrome borderline allo stadio iniziale. Mio cugino è mancato a 27 anni per i medesimi motivi.
Perché questo preambolo?
Perché, questa volta, a pagare non sono stata io. Se speravo che qualche narcisismo compiacente della malattia, mi portasse in trionfo, fosse anch'esso un trionfo della morte, mi sbagliavo di grosso: a pagare, è stato solo una creatura con sole dieci settimane di vita.
Scrivo perché non mi sono ancora perdonata, per potere testimoniare che la vita è di una semplicità disarmante: ho portato in questi anni un lutto che ha scavato la mia anima, e mi ha svuotato eticamente e spiritualmente.
A nulla è servito il cinismo e l'onnipotenza con cui credevo di vincere tutto, quando ho scoperto che il fidanzatino disturbato mentalmente mi aveva messo incinta di proposito, dileguandosi poi nel nulla. Perché io credevo di potere tutto: ero amata, corteggiata, veloce a scuola, innamorata del mio specchio di narciso decadente. Potevo trovare compiacimento estetico in tutto, salvo poi torcermi nel dolore e flagellarmi quando i complimenti e la "montagna" non colmavano l'amore che non ho mai dato e, inevitabilmente, mai ricevuto.
Sono così arrivata al punto ultimo, che è stato abortire: l'ho fatto per me stessa, e così per me stessa mi sono trovata a trascinarmi nell'ombra. Non sono riuscita più a sentire nulla: se prima erano solo le emozioni forti a muovermi, la polemica e le sfide, dopo non ho sentito più nulla. Il dolore mi ha assordato e fingendomi di nuovo Mefistofele, ho creduto di poterlo ignorare: fare finta di non avere abortito, fuggire continuamente dalla realtà, mi ha portato a perdere tutti i miei vanti. In questi anni dopo l'aborto, mi sono deteriorata nell'anima.
Nel campo interpersonale, ho conosciuto solo la violenza: ho usato le persone con prepotenza con la conseguenza che altre mi hanno usata, mi sono creduta nientemeno che Dorian Gray, alternando il ruolo del carnefice a quello di vittima. Mi sono legata ad un uomo molto più grande, ancora per narcisismo, che ha cercato di danneggiarmi di nuovo. Quando tornavo a casa dopo avere ecceduto, non c'era però ad aspettarmi una bella immagine ben vestita di riflesso, o l'ennesima conquista, magari un bel risultato o una bottiglia di vino. Purtroppo non c'erano neanche le persone che ho aiutato vivendo un anno all'estero per l'Università, o i compagni di studio e i tanti amici che, nei periodi frenetici che alternavo alla depressione, ho cercato di aiutare come fossi un superuomo. Ho cercato di essere brava in quello che facevo, ma non ci sono riuscita perché vivevo nel mondo blu della depressione.
Nel silenzio del letto ho sempre trovato le lacrime, ho provato ad ignorarle, ma rannicchiarmi in posizione fetale era più forte di me.
Mesi fa mi ha cercata, come sempre in questi anni, il mio ex fidanzato: dopo l'aborto, ha cercato di riavvicinarmi minacciando il suicidio più volte. Stavolta, siccome il dolore era più acuto, ho avuto la tentazione di illuderlo per punirlo di avermi lasciata da sola. Questo pensiero, il ricordo di quello che ho fatto e della rimozione successiva, mi ha portato a problemi di natura psichiatrica: mia madre ad inizio giugno voleva ricoverarmi, stavo per tagliarmi ancora. La vita, e non è retorica, anche questa volta ti sbalordisce con la sua semplicità: potevo tutto, anche suicidarmi, e così ho potuto stringere le mani intorno a una creatura che era avvinghiata a me e in parte sono morta insieme a lei. Se la semplicità è frutto di complessità risolte, anche la vita è un'occasione difficile: è responsabilità e fuggire a 23 anni, anche con la morte, dopo avere elargito il proprio di diritto di vita e di morte su una creatura inerme, è come scegliere di prendersi una vacanza quando in vacanza lo si è già.
Poi mi sono ricordata di chi qua mi ha detto: “Su quanti cadaveri dovrai passare dopo quello di tuo figlio, per perdonare te stessa?”. Così ho cercato, umilmente, aiuto e sto risalendo.
Dal profondo del cuore vorrei che questa testimonianza potesse essere di conforto.

http://www.il-dono.org/testimonianze/perdono.html