Oggi sono tornata alla clinica dove ho abortito...

2012-06-13

Kelly Clinger è una giovane donna che, tra le altre cose, è stata vocalist per Britney Spears. Come lei stessa scrive sul suo sito «ho incontrato Gesù nel 2003 dopo anni di mal di testa e di dolore causati dall’industria musicale, dal divorzio, dalla dipendenza da sostanze e dall’aborto».
Questa è la testimonianza della sua visita alla clinica dove aveva abortito.

Questa mattina sono tornata alla clinica dove ho effettuato i miei aborti 12 anni fa, a pregare e a invocare con la Mamma di non prendere la decisione che presi tanti anni fa.
Appena sono entrata nel parcheggio, mi sono seduta nella macchina per un minuto e ho chiuso gli occhi. Volevo pregare di non cadere a pezzi ma, prima di poter dire una parola, nella mia testa ha cominciato a scorrere un film. Vedevo quella ragazza ventitreenne sofferente e disperata che entrava in questo stesso parcheggio nel 2000. E improvvisamente ho ricordato TUTTO.
Ogni camera di quell’edificio.
Le facce degli infermieri.
Le immagini di ali d’angelo sul soffitto.
Mi ricordai come tornai incespicando alla macchina perché ero sotto l’effetto dei farmaci e piangevo a dirotto.
Mi sono ricordata perfino le mani del medico abortista.
Forse ero stata ingenua, ma non ero preparata alla marea di emozioni che venne.
Neanche mi aspettavo di essere sopraffatta dalla compassione per le madri e i padri che arrivavano uno dopo l’altro ed erano convinti che uccidere il loro bambino fosse la loro UNICA scelta. Percepivo tangibilmente la disperazione che sentivano. Me la ricordo MOLTO bene.
Ho parlato con Robert e Lucia. Hanno entrambi 18 anni, e Robert si è appena arruolato nelle forze armate. Ha detto che suo padre lo ha abbandonato e che se avessero un figlio adesso non sarebbe stato disponibile a prendersi cura del bambino. Lucia disse molto, ma il suo cuore non era disposto a sentire quello che dovevamo dire. Abbiamo chiesto a Robert come avrebbe potuto giurare di difendere l’America se il suo primo atto come Marine fosse stato togliere la vita del proprio figlio. Lui uscì dalla clinica più volte e udì i nostri appelli. Ma scelse la morte per il suo bambino.
Ho parlato con Beverly, che ha già 4 figli e disse che il bambino nel suo grembo non aveva battito cardiaco. Le ho detto che l’avremmo portata all’ospedale dietro l’angolo per essere sicuri, ma lei rifiutò. Ha anche guardato dritto verso di me e ha detto, “Io so che Dio crea la vita”. Venne fuori molte volte a fumare e piangeva alla verità delle mie parole. Ma scelse la morte per il suo bambino.
Matt ed io abbiamo parlato ad una giovane coppia che sembrava essere a 4 mesi di gravidanza. Sono entrambi atei e in un primo momento hanno imprecato contro di noi e ci hanno detto che non ci avrebbero ascoltato. Dopo un po’, però, sembrava che cominciassero ad ammorbidirsi un po’. Ci dissero che il medico le aveva detto che lei era troppo piccola per avere figli e che sarebbe morta nel parto. Ci siamo offerti di portarla da un ginecologo specializzato in gravidanze ad alto rischio per capire quale fosse il problema, ma aveva appena cominciato a parlare con noi che il suo ragazzo la afferrò e la portò dentro. Quarantacinque minuti dopo lei uscì barcollando e intontita mentre il suo ragazzo le apriva la portiera dell’auto. Non potei fare a meno di pensare “Così ADESSO decidi di essere un gentiluomo? Sei in ritardo di quarantacinque minuti”. Hanno scelto la morte per il loro bambino.
Delle quarantasei donne che sono entrate in questa clinica per aborti oggi, DUE hanno scelto la vita. So che il Cielo esulta, perché quei due bambini sono stati salvati, ma volevo fare DI PIÙ.
A un certo punto, uno dei ‘sidewalk counselor’ [una persona che va incontro alle donne che stanno andando ad abortire, offrendo aiuto ed assistenza] stava implorando le ragazze da fuori della finestra. “Hai presente quella ragazza che eri quando sei entrata in quella porta? Se uccidi tuo figlio, non sarai MAI più quella ragazza”.
Ho cominciato a piangere... piangevo QUELLA Kelly.
Ma poi ho sentito come un immenso senso di gratitudine. Anche se non sarò mai quella Kelly, io SONO una NUOVA creatura. Mi sono ricordata di Efesini 2: ero morta nei miei peccati, ma a causa del Suo grande amore per me, Dio, che è ricco di misericordia, ha fatto rivivere ME con Cristo, anche quando ero morta nei peccati.
Mentre me ne andavo, ho provato a guidare attraverso le lacrime. Come fai a superare la pesantezza che senti per i bambini e per le donne che soffriranno di depressione, dipendenza da sostanze, pensieri suicidi e rimpianto per tutta la vita?
Tuttavia, una volta smesso di piangere, mi sono MOLTO arrabbiata... come Gesù quando rovesciava i tavoli. Il mio amico John, che prega al di fuori di questa clinica OGNI giorno, ha detto che non riesce a trovare UNA chiesa che lo sostenga. Non stava neanche parlando di sostegno economico... stava parlando del sostegno della preghiera, di inviare persone a pregare, QUALSIASI COSA.
Questo mi fa infuriare.
Francamente, questo mi fa venir voglia di non mettere MAI PIÙ piede in una chiesa.
Ci sono centinaia di chiese nel raggio di 25 chilometri da questa clinica per aborti di Orlando. Mentre stanno ammodernando gli uffici, pagando i sistemi audio e predicando i loro banali messaggi, muoiono bambini... più di 3000 al giorno.
Amici, ascoltatemi, DOBBIAMO scuoterci di dosso il nostro torpore e non tacere MAI PIÙ... e mai più immobili!
Sono arrabbiata con i pastori che non parlano mai dell’aborto e non dànno una mano alle persone come il mio amico John. Sono arrabbiata con chi pensa che basti scrivere un assegno e non pensano mai a FARE qualcosa per i nascituri.
Sono arrabbiata con i cristiani che non fanno NULLA per difendere questi fratelli più piccoli e si definiscono ancora cristiani.

DIO.ABBI.PIETÀ


Il mio eroe John che fa suppliche per i bambini tutti i giorni...

Kelly Clinger: Today I returned to the abortion clinic...


Se pensate che non faccia male, vi prego, ripensateci.

2012-06-05

Il dottor Anthony Levatino ha praticato complessivamente circa 1200 aborti prima di diventare prolife (qui trovate la sua testimonianza in cui spiega come è avvenuto il cambiamento).
Il 17 maggio 2012 è comparso davanti ad una sottocommissione del Congresso americano. L’udienza era sul cosiddetto Pain-Capable Unborn Child Protection Act, che vuole proibire gli aborti dopo 20 settimane di gravidanza nel District of Columbia (dove si trova la capitale Washington), basandosi sul fatto che i bambini non ancora nati possono sentire dolore in questa fase della gravidanza.
Il dottor Levatino ha parlato a favore del divieto. E la sua testimonianza è forse la spiegazione più brutale che si potrà mai sentire per spiegare perché l’aborto è un male, puro e semplice.


Presidente Franks, egregi membri della sottocomissione, mi chiamo Anthony Levatino. Sono un ginecologo ostetrico abilitato. Ho conseguito la mia laurea in medicina presso l’Albany Medical College di Albany, New York nel 1976, e ho completato il mio internato in ginecologia e ostetricia presso l’Albany Medical Center nel 1980. Nei miei 32 anni di carriera, ho avuto il privilegio di praticare ostetricia e ginecologia sia nel privato che presso università. Dal giugno 1993 al settembre 2000 sono stato professore associato di ginecologia e ostetricia presso il Medical College di Albany, svolgendo in tempi diversi sia il ruolo di direttore del corso di studi che direttore del programma di internato. Ho anche dedicato molti anni alla pratica privata e attualmente ho uno studio medico a Las Cruces, nel New Mexico. Vi ringrazio per il vostro gentile invito a trattare le questioni riguardanti il Pain-Capable Unborn Child Protection Act nel District of Columbia (HR 3803).
Durante il mio internato e nei primi cinque anni di libera professione ho eseguito aborti sia al primo che al secondo trimestre. Durante i miei anni di internato, gli aborti al secondo trimestre venivano eseguiti in genere attraverso infusione di soluzione salina o, occasionalmente, con instillazione di prostaglandine. Queste procedure erano difficili, costose e richiedevano che le pazienti avessero un travaglio di parto per espellere i loro bambini. Nel 1980, nel momento in cui ho iniziato la libera professione prima in Florida e poi nel nord dello stato di New York, quelli come noi che erano nel settore dell’aborto stavano cercando un metodo più efficiente per effettuare l’aborto al secondo trimestre. Abbiamo scoperto che la procedura “aspirazione, dilatazione ed evacuazione” (o “aspirazione D&E”) offriva dei chiari vantaggi rispetto ai vecchi metodi. La procedura era molto più veloce e non presentava il rischio che il bambino fosse partorito vivo.
Tenete presente che il mio socio ed io non avevamo una clinica per aborti. Eravamo medici specialisti in ginecologia ed ostetricia, ma l’aborto era sicuramente parte di quella professione. Relativamente pochi ginecologi nel nord dello stato di New York eseguivano questa procedura all’epoca e abbiamo visto l’opportunità di espandere la nostra professione nell’ambito dell’aborto. Eseguivo nel mio studio aborti per aspirazione, dilatazione e raschiamento nel primo trimestre fino a 10 settimane dall’ultima mestruazione e procedure più tardive in un ambiente ospedaliero ambulatoriale. Dal 1981 fino al febbraio 1985 ho eseguito circa 1200 aborti. Oltre 100 di questi erano aborti D&E al secondo trimestre fino a 24 settimane di gestazione, e con questo intendo 24 settimane dal primo giorno dell’ultimo periodo mestruale della donna (LMP), che equivalgono a 22 settimane dal concepimento. (...)
Immaginate, se ci riuscite, di essere un ginecologo ostetrico pro-choice come io ero una volta. La tua paziente oggi è di 24 settimane di gravidanza (LMP). A ventiquattro settimane dalle ultime mestruazioni, l’utero è due dita sopra l’ombelico. Se tu potessi vedere il suo bambino, cosa abbastanza facile con una ecografia, sarebbe lungo una volta e mezzo una mano, dalla cima della testa al fondo della schiena, senza contare le gambe. La tua paziente ha sentito il suo bambino calciare nell’ultimo mese o anche prima, ma ora lei sta dormendo su un tavolo operatorio e tu sei lì per aiutarla con il suo problema della gravidanza.
La prima cosa da fare è rimuovere la laminaria che era stata messa in precedenza nella cervice, l’apertura dell’utero, per dilatarla abbastanza da consentire la procedura che stai per effettuare. Fatto questo, guardi gli strumenti chirurgici messi su un tavolino alla tua destra. Il primo strumento che prendi è il catetere per aspirazione da 14 french. È di plastica trasparente e lungo circa ventitré centimetri. Ha un foro nel centro del diametro di circa due centimetri. Immaginate di introdurre questo catetere attraverso la cervice e di dire all’infermiera che vi assiste di accendere la macchina aspiratrice, che è collegata con un tubo di plastica trasparente al catetere. Quello che vedrete è un liquido giallo pallido, che assomiglia molto all’urina, che attraverso il catetere va in una bottiglia di vetro sulla macchina aspiratrice. Questo è il liquido amniotico che circondava il bambino per proteggerlo.
Quando l’aspirazione è completa, cercate la pinza Sopher. Questo strumento è lungo circa ventisette centimetri ed è di acciaio inossidabile. Ad un capo si trovano due ganasce lunghe circa cinque centimetri e larghe circa un centimetro, con file di creste affilate o denti. Questo strumento serve ad afferrare e frantumare il tessuto. Quando afferra qualcosa, non lo lascia andare. Un aborto D&E del secondo trimestre è una procedura alla cieca. Il bambino può essere disposto in qualsiasi orientamento o posizione all’interno dell’utero. Immaginate di entrare con la pinza Sopher e di afferrare quello che riuscite. A 24 settimane di gestazione, l’utero è sottile e morbido, quindi dovete stare attenti a non perforare o pungere le pareti. Una volta che avete afferrato qualcosa dentro, premete forte sulla pinza per fissare le ganasce e tirate forte, molto forte. Sentite che qualcosa cede ed ecco spuntare fuori una gamba completamente formata lunga circa quindici centimetri. Entrate di nuovo e cogliere ciò che potete. Fissate le ganasce e tirate fuori con molta forza un’altra volta, ed ecco spuntare fuori un braccio circa della stessa lunghezza. Entrate di nuovo con quella pinza e strappate fuori la colonna vertebrale, l’intestino, il cuore e i polmoni.
La parte più dura di un aborto D&E è quando devi estrarre la testa del bambino. La testa di un bambino a quell’età è delle dimensioni di una prugna grande e ora sta fluttuando liberamente all’interno della cavità uterina. Puoi essere abbastanza sicuro di averla presa se la pinza Sopher è divaricata per quanto permettono le dita. Sai di avercela esattamente quando stringi la pinza e vedi del materiale bianco e gelatinoso che viene fuori dalla cervice. Quello era il cervello del bambino. Ora puoi estrarre i pezzi del cranio. Molte volte può uscire un visino e ti guarda fisso. Congratulazioni! Avete appena eseguito con successo un aborto D&E al secondo trimestre di gravidanza.
Se vi rifiutate di credere che questa procedura infligge enormi dolori su quel bambino non ancora nato, vi prego di ripensarci.
Prima di concludere, voglio fare un commento sulle affermazioni che sento spesso sul fatto che dovremmo mantenere l’aborto legale per salvare la vita delle donne, o prevenire gravi danni alla salute fisica, in caso di condizioni acute che possono presentarsi durante la gravidanza. L’Albany Medical Center, dove ho lavorato per oltre sette anni, è un centro di riferimento terziario che accetta pazienti con patologie correlate o causate dalla gravidanza che possono mettere a rischio la vita. Io personalmente ho curato centinaia di donne con queste condizioni mentre lavoravo lì. Ci sono diverse condizioni che possono verificarsi o peggiorare, tipicamente durante verso la fine del secondo trimestre o al terzo trimestre di gravidanza, e che richiedono cure immediate. In molti di questi casi, concludere o “interrompere” la gravidanza, se si preferisce, può salvare la vita, ma la “interruzione della gravidanza” non significa necessariamente “aborto.” Ritengo che l’aborto sia raramente necessario, ammesso che sia mai utile in questi casi.
Ecco perché: Prima che si possa eseguire una procedura di D&E, la cervice deve prima essere sufficientemente dilatata. Nella mia pratica, questo era ottenuto con inserimenti successivi di laminaria. La laminaria è un tipo di alga sterilizzata che assorbe l’acqua per diverse ore e si gonfia aumentando di diverse volte il suo diametro originale. Inserimenti multipli di diverse laminaria nello stesso momento sono assolutamente necessari prima di tentare un aborto D&E. A metà del secondo trimestre, questo richiede circa 36 ore. Se si dovesse utilizzare il metodo alternativo definito nel diritto federale come aborto a nascita parziale (che però è ormai generalmente vietato), questo processo richiede tre giorni, come spiegato dal Dr. Martin Haskell nel suo articolo del 1992 che descrisse per la prima volta questo tipo di aborto.
Nei casi in cui una gravidanza ponga una donna in pericolo di morte o di gravi lesioni fisiche, un medico il più delle volte non ha 36 ore, né tanto meno 72 ore, per risolvere il problema. Permettetemi di spiegarmi attraverso un caso reale che ho gestito quando ero all’Albany Medical Center. Una paziente arrivò una notte a 28 settimane di gestazione, con grave pre-eclampsia o tossiemia. La sua pressione arteriosa al momento del ricovero era 220/160. Una pressione normale è circa 120/80. La gravidanza di questa paziente minacciava la sua vita e la vita del suo bambino. Avrebbe potuto benissimo avere un grave ictus a distanza di minuti o ore. Il caso è stato gestito con successo, stabilizzando rapidamente la pressione sanguigna della paziente e “interrompendo” la sua gravidanza con un taglio cesareo. La donna ed il suo bambino se la sono cavata. Questo è un caso tipico nel mondo dell’ostetricia ad alto rischio. Nella maggior parte dei casi simili, qualsiasi tentativo di eseguire un aborto “per salvare la vita della madre” comporterebbe un ritardo ingiustificato e pericoloso nel fornire le cure adeguate, quelle che davvero salvano la vita. Durante la mia permanenza all’Albany Medical Center ho gestito centinaia di casi simili “interrompendo” le gravidanze per salvare le vite delle madri. In tutti questi casi, il numero dei bambini che ho dovuto deliberatamente uccidere è stato pari a zero.

Video: la testimonianza di Anthony Levatino al Congresso.
 


Video: quello che avviene durante un aborto D&E (immagini crude)




LifeSiteNews: The most heartrending abortion testimony you’ll ever hear, from a former abortionist


Lui non ci sarà

2012-06-03

Vi propongo questo cortometraggio sul dolore post-aborto.



Se non lo volevi non soffrirai... o no? /2

2012-06-02

(vedi anche questo post)


Testimonianza di Licia

Ho perso due figli. Sono rimasta incinta a febbraio di un anno fa e la gravidanza era inaspettata, la relazione con il mio compagno complicata e per nulla solida. Nonostante i problemi non abbiamo mai pensato di non portare avanti la gravidanza, ma la natura ha voluto che io abortissi spontaneamente. La mia prima esperienza di maternità si è conclusa con un raschiamento e talmente in fretta che non ho avuto modo di metabolizzare quanto avvenuto. Ho solo sognato una volta la mia bambina che avrei chiamato Paola. In quei mesi ho accumulato dentro me del rancore nei confronti del mio compagno che non mi è stato vicino e mi ha procurato, poco importa se involontariamente o meno, tensioni e sofferenze, e dei miei genitori che pur assicurandomi tutto l’appoggio non hanno saputo gestire la situazione e mi hanno provocato ulteriori pressioni psicologiche. Dopo l’aborto mi sono sentita allo stesso tempo sollevata e vittima. Rancore ne avevo anche nei miei confronti per essermi cacciata in una situazione così complicata che mi aveva portato solo tante umiliazioni e tristezza. Dopo alcune fughe e ritorni anche la storia col mio compagno sembrava essersi conclusa e invece, dopo tre mesi, ci siamo rivisti. Non me lo so ancora spiegare, ma ho avuto un’ovulazione tardiva e con il primo rapporto sessuale che abbiamo avuto sono rimasta incinta. Un’altra volta. Erano i primi di novembre ed in quei giorni sarebbe dovuta nascere Paola. Sembrava un segno del destino, una seconda possibilità per dare un lieto fine alla nostra storia. Pensavo che sarebbe stato tutto diverso, invece il mio compagno era sempre lo stesso, sentivo che ormai non era più amore quello che mi legava a lui. Non sono riuscita a sopportare l’idea di ripercorrere di nuovo quella strada, di sopportare altre umiliazioni. No, l’idea di me in quella situazione non sono riuscita proprio ad accettarla, non sono riuscita ad accettare mio figlio, Emanuele, anche se lui non era solo un’idea, e ho abortito, lui e me.
In quella situazione mi ero messa io, con superficialità, ma stavolta non ero più disposta ad assumermi la responsabilità di ciò che era accaduto.
Prima dell’aborto spesso dentro di me accusavo gli altri della mia infelicità e insoddisfazione, se vedevo la “parte buia” di un compagno fuggivo dalla relazione. Ora mi guardo e mi accuso di questa disperazione che provo, dalla mia parte brutta non posso fuggire.
Una cosa sconvolgente è stata scoprire il male dentro me, è stata scoprire di non essere la donna brava e buona che mostravo a tutti, bensì una grande superba. Avevo ingannato anche me stessa, non permettendomi di conoscere e accettare i miei limiti e di vedere la realtà di me al di là dell’immagine impeccabile che proiettavo al mondo.
Le cose non erano andate secondo i miei piani, l’uomo che avevo a fianco si era rivelato, durante la prima gravidanza, non essere quello dei miei sogni. Immaginavo la mia vita accanto a lui, col suo carattere così diverso dal mio, con tutti i problemi derivanti dalla sua precedente situazione familiare (ha già un figlio), dal suo lavoro, dalla situazione economica, che lo assorbono totalmente e lo rendono cieco davanti al mio bisogno d’amore e di attenzioni… e non mi piaceva più, mi spaventava. Pensavo che mi avrebbero tutti biasimata “potevi avere tutto ciò che volevi e guarda in che situazione ti sei cacciata”. La vergogna, la colpevolizzazione da parte dei miei, l’aver dato loro una delusione e un dispiacere. Questo figlio ho iniziato a rifiutarlo, ho iniziato anche ad avere paura che non lo avrei accettato neppure dopo la nascita come capita a tante donne. Invece la maternità che sognavo doveva essere perfetta. Ironia della sorte.
Ho permesso al male e alla morte di entrare nella mia vita e adesso mi terrorizzano dal profondo della mia anima. Mi fanno tanta Paura e io mi immagino piccola piccola correre spaventata a cercare protezione da mia mamma, ma lei non può proteggermi e non c’è nessuno in realtà che può aiutarmi.. perché i miei mostri sono dentro di me, e mi mordono lo stomaco, e mi prendono alla gola.
Sono stata ingannata, dalla Superbia che mi annebbiava la mente. Niente mi ha fatto sospettare che accollarsi lo struggimento per l’uccisione di un figlio, invece che la responsabilità della sua nascita, equivale a suicidarsi. Le poche persone con cui ho parlato (ginecologo, assistente sociale, infermiere) hanno fatto passare la cosa come un prendere in mano la propria vita e correggere una rotta sbagliata. E io cretina mi sono suicidata.
Ora è tutto così ovvio, se lo avessi tenuto con lui in braccio avrei sopportato tutto. Certo avrei dovuto prima chiedere aiuto per gestire quella depressione e quel rifiuto. Poi mi sarei legata al mio compagno, ci avrei provato, nonostante tutto, magari quel rifiuto sarebbe passato presto, lui mi avrebbe amata a modo suo, io a modo mio. Poi nel tempo forse avremmo discusso tanto, ci saremmo feriti, mi sarei sentita infelice e insoddisfatta del rapporto e probabilmente ci saremmo lasciati. La gente del paese mi avrebbe additata come “ragazza poco seria”. I parenti mi avrebbero criticata e commiserata perché avrei potuto scegliere una sorte migliore, ma mio figlio sarebbe stato lì con me a regalarmi ogni giorno sorrisi, e anche i miei genitori nonostante le critiche e il sentirsi amareggiati per il mio fallimento sentimentale sarebbero stati felici di abbracciare il nipotino che tanto aspettavano. E io avrei avuto sempre la speranza di un futuro migliore e pieno d’amore, con mio figlio vicino. Speranza che adesso non ho. Mi sforzo per qualche istante d’immaginare un futuro con una famiglia felice e dei figli che vorrei arrivassero prestissimo.. insisto ancora con lo stesso sogno! ma poi affiora sempre la tetra prospettiva che io possa rimanere per sempre sola con il dolore della mancanza dei miei figli e i miei sensi di colpa. Io non so quanta forza e felicità ti regala un figlio, lo intuisco, lo intuivo anche prima di abortire, ma non mi sono voluta bene, mi sono fatta male sapendo di farlo.
I postumi dell’aborto, che molte donne purtroppo conoscono, mi sono piombati addosso poche settimane dopo l’intervento, però ho preso coscienza dopo un paio di mesi dell’ORRORE. Mi sono sentita assassina, la peggiore: ho sempre considerato l’aborto come il crimine più efferato. E ho abortito.
Ho preso coscienza che avevo rifiutato quell’Angelo che mi era stato donato e che come mamma mi voleva. Come si può concepire questo pensiero e non tremare? Ma perchè non sono riuscita ad accoglierlo con tutta la tenerezza e la gratitudine che il mio essere può esprimere? è una domanda che mi tarla il cervello.
Gli assassini sono in galera, chi tocca i bambini rischia il linciaggio. Io che avevo ucciso mio figlio ero nel mio letto e tremavo il male che io stessa avevo compiuto. Pensavo che è stata proprio la superbia a far sì che l’Angelo portatore di luce fosse scaraventato all’inferno, ed io è proprio all’inferno che mi sentivo. Ma non riesco a perdonare me stessa.
Alcune donne probabilmente si sentono mamme da sempre, ad altre non bastano nove mesi d’attesa per abituarsi all’idea, io sento che sto diventando mamma piano piano, ma non ho mio figlio. Mio figlio l’ho preso per mano quando l’ho concepito, per un pò abbiamo camminato insieme, poi quando è iniziata la salita gli ho lasciato la mano per camminare più leggera. Adesso che lo cerco disperata non lo trovo più, ed è difficile proseguire da sola, non so nemmeno dove vado.
Se penso che posso aver generato in mio figlio un senso di smarrimento, solitudine e paura perché è stato abbandonato proprio dalla sua mamma, se penso che lui voleva stare aggrappato a me e si fidava, che poteva avere desiderio di me e di suo padre quanto io ne ho ora di lui, mi chiedo perché cercarla una speranza per me. Però già mi sono ingannata e non voglio farlo ancora. Forse sto impazzendo, ma ho la sensazione che la mia vita si svolga su piani temporali sfalsati. La vita scorre e io la rincorro, ma arrivo sempre troppo tardi. Non voglio arrivare tardi un’altra volta. Nella vita sono diventata mamma mesi fa, nel mio tempo sto diventando mamma ora, ma è troppo tardi. Nella vita ho ucciso mio figlio mesi fa, nel mio mondo mi rendo conto ora che uccidere un figlio è un abominio, ma è troppo tardi. Nella vita nell’anno appena passato ho avuto due figli che non volevo, nel mio mondo oggi li desidero tanto e mi mancano, ma è troppo tardi. E' tutto sfalsato. Persino lo schiaffo che ti sveglia dallo stato ipnotico in cui cadi quando decidi di abortire, che ti fa aprire gli occhi sull’orrore che hai perpetrato, non ti arriva subito quando sei lì ad abortire, no… lui ti lascia fare, e si prepara, si carica come una molla, prende la rincorsa, e quando ti arriva, perché ti arriva, dopo settimane, mesi o anni, è così forte che ti stordisce. Ma è ancora troppo tardi.
Ciò che provo oggi è tristezza, pena, paura, orrore, senso di solitudine siderale, rabbia, rancore, impotenza, senso di colpa logorante e una disperazione incontrollabile, inconsolabile, che non ti fa stare in piedi. Le crisi di pianto disperato, prima episodiche, si sono fatte sempre più frequenti, sono diventate ormai giornaliere, l’angoscia non mi lascia un attimo di sollievo, nè di giorno nè di notte, e mi rende difficile persino alzarmi dal letto, andare a lavorare, parlare, mangiare. Gli occhi e il viso sempre gonfi, l’aspetto trasandato, cammino zombie tra le gente sperando che nessuno mi veda, che si accorga che piango. Ecco, io l’ho visto, nell’ecografia, con la sua testolina tonda, cicciottella, e il cuoricino pulsante a 8 settimane. Eravamo al pronto soccorso, soli io e lui, per delle perdite di sangue. Ma stava bene. Quest’immagine ce l’ho davanti in continuazione, le parole non posso descrivere lo struggimento, la pena. Quella testolina l’avrei potuta toccare. Lui avrebbe avuto tutto. Ci penso e mi verrebbe voglia di farmi del male fisico pur di spostare l’attenzione da questo male dell’anima. Grido, mi dispero, mi viene voglia di chiedere la carità della morte, ma sarebbe troppo facile, io a questa vita devo prima restituire dignità. Vorrei finalmente riuscire ad aprire gli occhi, a reagire, liberarmi dalle catene delle mie gabbie mentali, trasformare questa sofferenza in qualcosa di positivo che mi permetta di dare un senso a quello che è accaduto.
Questo dolore è grande e cresce di giorno in giorno, stento a portarlo, non sono più lucida. E mi chiedo, come si fa a sopportare senza impazzire?