Un uomo non vale un aborto

2008-03-31

Ho abortito a 18 anni. Era l’inizio della mia vita adulta. All’epoca mi sembrava che fosse la cosa giusta da fare. Non sapevo esattamente quanto fossi avanti con la gravidanza così il medico fece un’ecografia per vedere “quale procedura fosse necessaria”. Mentre faceva l’ecografia il “medico” mostrò lo schermo. Mi facevo paura per quello che mi stavo preparando a fare… nella sala operatoria ricordo di essermi sentita molto debole, non riuscivo a respirare e mi sentii improvvisamente molto sudata. L’ultima cosa che ricordo è di essermi sentita annebbiata e di aver cercato di dire stop. Avevo deciso di non volerlo fare. Quando mi svegliai avevo un dolore acuto alle gambe. Quando chiesi all’infermiera che cosa fosse successo, mi disse che avevo perso molto sangue cosicché avevano dovuto farmi delle iniezioni di potassio. Ci penso ogni giorno della vita. Secondo il medico, il 12 marzo sarebbe stata la data del parto, e quando è caduto quest’anno tutto ciò cui sono riuscita a pensare è che il mio bambino avrebbe compiuto un anno. Al guardare le immagini (sul vostro sito) mi sono sentita fisicamente male. Ho letteralmente dovuto andare a rimettere. Ora c’è la possibilità che possa essere di nuovo incinta e so che, in questo caso, io lo terrò questo bambino. Non penserei mai, mai più, ad abortire ancora. L’aborto mi ha rovinata per sempre! Se stai leggendo questo e stai pensando all’aborto, pensaci – ti tormenterà letteralmente per il resto della vita. Credimi, pensavo che non mi avrebbe creato problemi, invece non è così. Ora ho molti problemi emotivi a causa dell’aborto. E se ci stai pensando perché il tuo ragazzo non è pronto e tu vuoi stare con lui, allora devi sapere che un uomo non vale un aborto. Avrai molto sostegno senza l’aborto, lui non ne vale la pena. Fidati, lo so per esperienza diretta!

testimonianza del 14 aprile 2006
età: 19 anni
http://www.abortionno.org/AbortionNO/hurt.html


Prima di avere il tempo di pensare

2008-03-30

Era il 19 maggio 1973. Ero incinta dopo che mi avevano drogata e violentata. Avevo cercato di nasconderlo ai miei genitori ma ovviamente lo scoprirono. Poi cominciarono a pressarmi. “Come farai ad andare al college con un bambino?” “Come pensi di mantenerlo?” “È solo un grumo di sangue. Non è ancora un bambino.” Prima di avere il tempo per pensare a che cosa io volevo, l’aborto era stato fatto.
L’aborto in sé fu come vivere l’inferno. Pensavo che le mie viscere venissero tirate fuori. È stato degradante ed ero terrorizzata. Quando finì, qualcosa mi fece chiedere al medico: “Era un maschietto o una femminuccia?”. Rispose: “Non posso dirlo. È a pezzi.” I consigli consisterono nel tirarmi qualche pillola anticoncezionale.
È così difficile esprimere a parole quanto l’aborto mi abbia influenzato. Guardando indietro e sapendo ciò che so ora, capisco che stavo attraversando una sindrome post aborto quasi classica. Divenni una barbona, dormivo con chiunque. Mi impegnavo in sesso non protetto e ogni mese quando non ero incinta cadevo in profonda depressione. Ero ribelle. Volevo che i miei genitori vedessero che cosa ero diventata. Smisi di andare al college. Cercai di suicidarmi ma non avevo il fegato per tagliarmi i polsi o farmi saltare le cervella. Non riuscivo a mettere le mani sui sonniferi così ricorsi a farmaci da banco per il sonno e agli alcolici.
Quando questo fallì, allora cercai di fare funzionare le relazioni con gli uomini, tutti gli uomini. Ero spinta al desiderio di avere un bambino e sapevo che se fossi stata sposata i miei genitori non avrebbero potuto farci nulla. Così mi sposai nel 1975. Mio marito ed io stiamo ancora insieme ma abbiamo dovuto lavorare molto duramente perché l’ho sposato per i motivi sbagliati.
Cinque mesi dopo che eravamo sposati nacque il mio primo bambino. Ero in paradiso. Ero matta per quel bambino. Dopo tre mesi ero ancora incinta. Ma stavolta perdemmo il nostro bambino a 6 mesi. Allora la depressione che avevo sconfitto venne fuori a tutta forza. Ricordo di aver pensato: “Merito questo dolore. Ho ucciso un bambino e ora Dio me ne ha preso uno. Lo merito”. Il medico si accorse che avevo una cervice debole, un comune effetto collaterale dell’aborto, e che il peso della bambina era troppo per essa e lei semplicemente era caduta fuori. Quattro mesi dopo ero ancora incinta.
È difficile spiegare questo bisogno di continuare ad avere bambini, ma lo feci. Dal 1976 con la nascita del mio primo bambino vivente, al 1985 con la nascita del mio quarto e ultimo figlio vivente, sono stata incinta in tutto per otto volte. Con la nascita del mio ultimo bambino il medico non mi diede altra scelta che smettere di avere bambini se volevo vivere abbastanza per vedere crescere quelli che avevo.
Cercando di trattare di aborto, dovevo affrontare ciò che avevo fatto e chiedere perdono al mio Dio. La cosa più difficile di tutte è cercare di perdonarmi. È una lotta quotidiana accettare il perdono che so che Dio mi ha concesso. E non lo dimenticherò mai. Però ora non voglio dimenticarlo, perché mi impedisce di compiacermi. So che se questo aiuta gli altri io ne posso parlare. Mi fa sempre piangere, ma se questo evita il dolore anche ad una sola mamma e al bambino, allora ne vale la pena.
Ho aderito al nostro centro locale per il Diritto alla Vita e per l’aiuto alle gravidanze difficili. Ho anche dovuto perdonare i miei genitori. Mi ricordo ancora quando entrai nella casa della mia mamma e le tirai un’immagine di un feto abortito e ringhiai: “Vedi che cosa mi hai fatto fare?”. Da allora anche lei è diventata pro-life e mi ha detto di essere tanto dispiaciuta. Devo ancora combattere contro la rabbia per mio papà, perché non vuole ancora ammettere che l’aborto era sbagliato, almeno per me.
Tutte queste cose aiutano? È difficile dirlo. A volte sì, ma a volte la depressione è troppo forte e deve passare un po’ di tempo. Non passa giorno che l’aborto non mi torni in mente. È una lotta continua cercare di superare la mia colpa e la mia depressione, anche sapendo di essere stata perdonata. Temo il giorno in cui verrò faccia a faccia con il mio piccolo bambino e dovrò spiegarle perché mamma le ha tolto la vita. Ma penso anche di essere adesso una persona più delicata e premurosa di quanto avessi potuto essere. Non fosse stato per l’aborto avrei potuto diventare una pro-choice [letteralmente pro-scelta, così si auto-definiscono gli abortisti nel mondo anglosassone].

Pubblicato originariamente in The Post-Abortion Review 2(1),Winter 1993
Copyright 1993 Elliot Institute
http://www.afterabortion.info/case_na.html


N.O.W.

Ero una donna del N.O.W. [organizzazione femminista americana]. Poi ho visto com’erano i miei 4 figli nell’utero… prima che li uccidessi. Il mio primo aborto fu quando avevo a malapena 16 anni, nel 1985, sembrano tanti anni fa. Pensavo di essere incinta solo di 10 settimane, sono andata a una clinica per aborti (Planned Parenthood) in Ocala, Florida. Mi dissero che era solo una “massa informe”… “non si è neanche formato adesso” mi dissero. Bene, risulta che ero già a 16 settimane e tutte le infermiere entrarono correndo quando il medico disse “Oh mio Dio”. Dissero che era “tutto a posto”… “solo un po’ più complicato del previsto”… mi coprirono con un lenzuolo così che non potessi vedere e continuarono a lavorare. Se solo avessi potuto vedere oltre quel lenzuolo… Non avrei più abortito…

testimonianza del 24 dicembre 2006
età: 37 anni
http://www.abort73.com/HTML/I-G-2-testimony.html


Judicial bypass

2008-03-29

Quando ero giovane, ricordo di avere sentito parlare di aborto e di aver pensato “Per nessuna ragione al mondo lo farei mai. È sbagliato. Come si può essere a favore?”. Poi tutto è cambiato. Avevo 17 anni quando l’ho scoperto. Un test di gravidanza fatto a casa aveva confermato le mie paure. L’ho detto a mio padre e abbiamo cominciato a parlare di cosa fare. Ho scoperto che nel mio stato devi avere il consenso dei genitori o quello che chiamano “judicial bypass” (scavalcamento giudiziario). Non volevo passare per il processo di avere un judicial bypass perché non capivo veramente cosa voleva dire. Non trovavo molte informazioni sul processo. La cosa più difficile per cui sono passata, a parte l’aborto ed i suoi postumi, fu dirlo a mia madre. Parlammo riguardo al tenerlo ed all’aborto. Le spiegai il processo. Sapevo bene che non volevo farlo ma sentivo di doverlo dare. Sapevo che avrei amato il bambino come doveva essere amato ma sentivo che nessun altro lo avrebbe fatto. La mia testa decideva per l’aborto, non il mio cuore. Mia madre non era d’accordo con l’idea che io abortissi e non voleva firmare per me. L’avrebbe fatto, ma non volevo forzarla così ho affrontato il processo di ottenere un judicial bypass. L’ho fatto un mattino ed al pomeriggio ho abortito. Ho letto alcune delle altre testimonianze qui su come fossero freddi e clinici alcuni dei medici ma tutti quelli con cui venivo in contatto erano servizievoli e carini. Penso che questo è ciò che mi ha fatto chiudere gli occhi. Se tutti erano così carini e comprensivi, quanto male poteva essere? L’aborto in sé come procedura non fu male. Anche la stanza di risveglio postoperatorio non era male ma il tragitto verso casa fu il peggiore che abbia mai sentito fisicamente. Tornai a casa e mi sdraiai perché avevo molta nausea, mia madre venne nella mia stanza e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Ricordo di averle detto di non piangere perché anche io avrei pianto. Il mese dopo mi comportavo come se fossi felice e del tutto non toccata dall’esperienza. Avevo il ballo di fine anno a cui pensare, volevo solo essere una teenager. Ora, venendo ad un anno dopo, ci penso almeno una volta al giorno. Non fai mai veramente caso a quante donne incinte ci sono e quante mamme con le carrozzine fino a dopo questa esperienza. Qualcosa mi ricorda costantemente il mio aborto e mi dà una fitta in profondità. Prima che passasse la data prevista per il parto, gli ho chiesto se ci avesse mai pensato e mi disse allora che si chiedeva quanto grande sarei diventata e cose del genere. Quando sono sopraffatta dalla vista di mamme e dei loro bambini, lui avverte il mio dolore. Penso a quando avrò figli e se avrò una bambina ho in progetto di parlarle quando sarà il momento giusto. Voglio che lei sappia che può venire da me e che io la sosterrò ed aiuterò in ogni modo. Ma non voglio che si senta come me, non voglio che lei abortisca. Avevo detto a mia mamma, al mio ragazzo e a me stessa che non avrei avuto rimpianti. Invece ne ho. Ogni secondo di ogni giorno…

testimonianza del 29 gennaio 2007
http://www.abort73.com/HTML/I-G-2-testimony.html