Testimonianza shock di un’ecografista

2021-03-30

L’attivista prolife canadese Laura Klassen ha raccolto la testimonianza terrificante di una ecografista che ha prestato assistenza ad un aborto.

In qualità di ecografista, ho avuto la sfortunata esperienza di dover assistere ad una procedura di “evacuazione uterina” D&E. Il medico abortista non è l’unico nella stanza. Sono obbligati ad essere presenti durante la procedura anche un anestesista, uno strumentista, un infermiere e talvolta un ecografista. Una mattina, quando sono arrivata al lavoro, il mio capo mi ha detto che un chirurgo richiedeva una guida ecografica in sala operatoria e mi è stato detto di andare ad assistere all’intervento chirurgico. Non avevo idea di che cosa fosse finché non sono arrivata in sala operatoria.
Al mio arrivo, mi è stato detto di posizionare la sonda ecografica sul bacino della madre e di eseguire la scansione durante l’intera procedura. Non sapendo che cosa stesse realmente accadendo, sono rimasta sbalordita mentre guardavo il dottore infilare un catetere nel sacco amniotico. Ho visto il feto schivare il catetere e cercare di nascondersi nella parte superiore (fondo) dell’utero di sua madre per scappare (la gravidanza era abbastanza avanzata da poter vedere il sesso, era una femminuccia). Poi, con mio orrore, ho guardato mentre lui inseriva una pinza e le afferrava la minuscola gamba. Lei si contorceva dal dolore cercando di liberarsi, ma non poteva andare da nessuna parte. Poi il dottore tirò forte fino a che la gamba non le si staccò dal corpo. Lei si ritrasse e si contorse violentemente per il dolore e si raggomitolò in una palla stretta. Ma non servì a niente, la pinza le afferrò il braccio e lei lottava per staccarsi, un po’ meno perché stava morendo, mentre lui le tirava via il braccio dal corpo (facevo fatica a vedere a questo punto perché avevo le lacrime che scorrevano lungo le guance). La bambina si raggomitolò di nuovo in una palla stretta, ma ancora una volta lo strumento le afferrò l’altra gamba e le fu strappata dal corpo. Ormai, il suo battito cardiaco era rallentato in modo significativo ma era ancora viva (non avevano iniettato nulla), quindi la pinza ha afferrato il suo ultimo arto e l’ha strappato via. Si dimenava e si contorceva e poi il suo cuore finalmente smise di battere. È stato allora che ho annunciato che non c’era più attività cardiaca. L’infermiere e lo strumentista nella stanza ansimavano, comprendendo per la prima volta che tutto questo stava accadendo a un feto che era ancora vivo. Furono rimosse le parti del corpo rimanenti (testa e tronco), fu rimossa la placenta e un ultimo sguardo con l’ecografo rivelò che tutti i “prodotti del concepimento” erano stati rimossi. A quel punto mi dissero che avrei potuto uscire dalla sala. Fino a quel momento ero rimasta congelata.
Silenziosamente portai via l’ecografo dalla sala operatoria, andai negli spogliatoi delle donne e vomitai. Dopo quel giorno mi sono rifiutata di prendere parte a un’altra di queste procedure. Tutti in quella stanza erano inorriditi e niente avrebbe potuto prepararmi a questo. Il punto che sto cercando di sottolineare, a parte la mia ovvia opposizione all’aborto tardivo, è che ho visto un bambino sperimentare un trauma atroce e orribile senza nulla per eliminare il dolore. Solo perché non possono essere visti (senza ultrasuoni), non significa che non siano vivi e non possano provare dolore e paura all’interno dell’utero.
La mia esperienza è avvenuta più di venti anni fa ed è altrettanto vivida nella mia mente come il giorno in cui è accaduta. La parte più triste è che in tutti questi anni non hanno cambiato la procedura per renderla meno barbara. Questo perché così tante persone credono che “questo” non sia una persona, ma solo una massa di tessuto. Ciò è così lontano dall’essere accurato. Anche ai condannati a morte vengono somministrati sedativi prima della loro esecuzione. Non credo che alle pazienti venga detto cosa comporti la procedura. Penso che venga nascosta la verità al riguardo, quindi non sanno veramente a cosa acconsentono. È ora di svelare la verità.



Qui sotto: video “L’eclissi della ragione” realizzato dall’ex medico abortista Bernard Nathanson (1926-2011) dove viene mostrato un aborto al secondo trimestre (immagini forti).


Ti avrei voluto

2019-02-22

Ti avrei voluto piccolo per poterti abbracciare
Ti avrei voluto grande per potermi appoggiare
Ti avrei voluto d’inverno dietro la finestra a guardare la neve che comincia a cadere
Ti avrei voluto con la pioggia di un temporale sotto le coperte in silenzio per sentirne il rumore
Ti avrei voluto dolce con i cani per poterli accarezzare, tenero con i vecchi per poterli amare
Ti avrei voluto bello da dovermene vantare, con gli occhi grandi come tua madre
Ti avrei voluto cantare una canzone, farti addormentare e continuare il sogno che ti aveva fatto svegliare
Ti avrei voluto timido per vederti arrossire, cocciuto per discutere con te, per litigare
Ti avrei voluto di fianco a camminare tutti e due in silenzio cercando di capire quello che l’altro ha dentro e che non riesce a dire
Ti avrei voluto insegnare tutte le cose che non so fare
Ti avrei voluto al tempo del tuo primo amore
Ti avrei voluto il giorno che dovevi partire per il piacere di vederti ritornare
Ti avrei voluto vicino quando me ne dovrò andare
Ti avrei voluto volere quella volta che non ti ho voluto.

ANDREA RONCATO






Sedicenne costretta ad abortire

2018-06-13

Ricevo questa terribile e ignobile storia dall’amico Giorgio Celsi.


Vicenza, 12 giugno 2018 

Questa vicenda merita di essere conosciuta perché dimostra il tragico inganno che si nasconde dietro la legalizzazione dell’aborto, inteso come diritto della donna e la superficialità con cui spesso viene praticato, soprattutto nel caso di giovanissime mamme.

Nella mattinata del 12 giugno, all’ospedale Santorso era programmato un intervento di aborto su una ragazzina di sedici anni, Letizia (nome di fantasia, n.d.r.).

La giovane nel disperato tentativo di salvare il proprio bambino, contro le pressioni dei genitori, riesce ad inviare una richiesta di aiuto, tramite whatsapp, all’amica Loreta Sartoretto, che la raggiunge alle 13:30.

In quel momento, Letizia si trova in una stanza con la psicologa, che cerca di tranquillizzarla e le promette di parlare con i genitori, per convincerli ad accettare la gravidanza della figlia.

Loreta riesce ad entrare nella camera e abbraccia Letizia, che tremando, le ripete tra le lacrime: “Ho paura, tanta paura perché vogliono uccidere il mio bambino!”.

Loreta cerca di rassicurarla, ma presto viene allontanata dalla stanza, ottenendo però il permesso di sostare nel corridoio.

Qui viene raggiunta dalle amiche Sonia e Maria Pellegrini, ostetrica.

Insieme iniziano a pregare per il bambino e per la sua mamma.

Presto un’operatrice sanitaria costringe le donne ad allontanarsi, accusandole di recare disturbo al reparto e minacciandole che se il padre di Letizia le avesse viste, le avrebbe denunciate ai Carabinieri.

Dopo qualche tempo la psicologa esce dalla stanza, sostenendo che ogni cosa è sistemata: il padre ha accettato la scelta della figlia e che quindi Loreta e le sue amiche possono tornare a casa tranquille.

Mentre Loreta, Maria e Sonia stanno completando il rosario vicino all’ascensore, vengono affrontate dal padre di Letizia, che inveisce contro di loro, dicendo di sapere con certezza che l’unica cosa giusta per sua figlia è abortire. L’hanno già fatto la sua compagna, sua madre e sua zia. L’aborto non è un problema e quindi sua figlia non deve far altro che abortire.

Poi minaccia di chiamare i carabinieri se Maria e le sue amiche non se ne fossero andate, smettendo di immischiarsi nelle sue faccende.

A questo punto, dopo essersi consultate con degli amici di associazioni pro-life (MpV, Movimento con Cristo per la Vita, Ora et Labora in difesa della Vita e i Giuristi per la Vita) e con alcuni avvocati, alle ore 16:43 Loreta con l’amica Lorella sopraggiunta chiama la polizia di Piovene Rocchette per denunciare l’accaduto.

La polizia risponde che i carabinieri di Schio e tutte le pattuglie sono impegnate e che sarebbero arrivati in ritardo, ma che non è possibile far abortire la ragazzina senza il suo consenso firmato.

Intanto Letizia comunica via whatsapp con Loreta fino alle 15:05.

Poi più nulla. Il suo telefono è irraggiungibile.

Quando alle 17:50 i Carabinieri di Schio arrivano sul posto, Letizia, in preda ad un pianto disperato, scrive alla cugina un messaggio in cui le dice di essere appena uscita dalla sala operatoria.

Il suo bambino non c’è più: le è stato praticato l’aborto.

Meno di tre ore sono state sufficienti per distruggere due vite.

Varie associazioni pro-life si attiveranno per far emergere la verità dei fatti e le responsabilità di quanti vi hanno preso parte.



Aborto in caso di stupro: compassione?

2018-02-14

Vi propongo la testimonianza di Jennifer Christie, rimasta incinta dopo uno stupro, e che ha accolto la nuova vita che stava sbocciando in lei. Sottotitoli in italiano.









Straordinaria testimonianza del dottor Antonio Oriente

2017-12-28

Vi propongo la straordinaria testimonianza del dottor Antonio Oriente, ex medico abortista e ora difensore e apostolo della Vita.






Jane Fonda rivela che la madre abortì nove volte prima della sua nascita

2017-08-28

Margot Peppers, 10 ottobre 2014 - Mail online

Jane Fonda ha confidato di aver letto le cartelle cliniche di sua madre e di aver scoperto che aveva abortito nove volte prima della sua nascita.
Jane Fonda
In un discorso ad un evento per raccogliere fondi per le vittime di stupro, la 76enne icona hollywoodiana ha raccontato al pubblico che la madre Frances era stata abusata sessualmente dall’età di otto anni, un’esperienza che Jane crede abbia portato la madre ad un comportamento promiscuo e autodistruttivo.
Nel momento in cui l’ho letto, ogni cosa è andata al suo posto, – ha detto – ho capito il motivo della promiscuità, delle infinite chirurgie plastiche, il senso di colpa, l’incapacità di amare o essere intima, e sono stata capace di perdonarla e perdonare me stessa.
Frances, che aveva 29 anni quando partorì Jane, si uccise il giorno del suo 42° compleanno, gli amici di Jane dicono che sia stato l’evento più incisivo nella sua vita con tante sfaccettature.
Jane ha detto al pubblico di sospettare che la madre fosse stata abusata sessualmente da un accordatore di pianoforte quando era una giovane ragazza, cosa che la lasciò traumatizzata per il resto della vita.
Poco dopo la nascita del fratello più giovane Peter, a Frances fu diagnosticato un disturbo bipolare.
Scoprendo che suo marito la tradiva con altre donne, Frances ricorse a misure estreme per riconquistare la sua attenzione. Se ne andava in giro nuda davanti a lui e persino gattonava su mani e ginocchia fino a lui, implorandolo di parlarle. Non funzionò.
Henry Fonda con la moglie Frances
Nel 1950, il giorno del suo 42° compleanno Frances si suicidò, tagliandosi la gola con un rasoio durante un ricovero a Craig House, una casa di cura a Beacon, New York. Jane aveva 12 anni.
Il padre di Jane, Henry, era freddo e prepotente, per non parlare di quanto fosse uno sfacciato donnaiolo, ma sua figlia, troppo giovane per comprendere la malattia mentale, diede sempre al comportamento allarmante della madre maniaca-depressiva la colpa della rottura del matrimonio dei suoi genitori, fino a quando non seppe degli abusi patiti da Frances.
______________

Jane Fonda non è molto disposta a dire che cosa pensi riguardo ai nove aborti, tranne dire che hanno avuto un ruolo nell’estremo atto di disperazione di Frances Fonda. Forse il suo quasi-silenzio sugli aborti della madre può essere spiegato dal suo sostegno esplicito all’aborto negli ultimi decenni. Se è fautrice dell’accesso gratuito e aperto proprio a ciò che ha contribuito al suicidio della madre, questo è un chiaro sintomo del suo negare la realtà.
Agli abortisti piace dire che non c’è legame tra aborto e suicidio, ma gli studi ad esempio di Priscilla Coleman parlano chiaro (vedi anche lo studio di Gissler e quello di Ferguson).
In uno studio del 2010, ricercatori del National Center for Biotechnology Information, che lavora a stretto contatto con il National Institutes of Health, ha trovato che l’aborto è associato ad una probabilità maggiore di gravi disturbi mentali, incluso ansia, abuso di droghe, ideazione suicida e tentato suicidio.
Ma oltre al legame aborto-suicidio, i diversi aborti di Frances Fonda hanno molto probabilmente alimentato i problemi che Jane Fonda ha sperimentato e di cui ha spesso discusso: bassa autostima, scarsa immagine del corpo, disordini alimentari ed altri problemi.
Il dottor Philip Ney, uno psichiatra canadese esperto di sindrome del sopravvissuto in seguito ad aborto, ha scritto che i figli che sopravvivono, inclusi quelli che sanno solo intuitivamente di aver perso fratelli coll’aborto, possono sviluppare una mentalità da “voluto” che li porta a vedere se stessi come oggetti e non persone. Questi figli cercano di essere il figlio perfetto per dimostrare ai propri genitori di essere degni.
Frances e Henry Fonda
L’attivismo pro aborto di Jane potrebbe anche essere un risultato diretto dei nove aborti della madre e del successivo suicidio. I ricercatori sostengono da molto tempo che l’alto tasso di aborti ripetuti è una conseguenza della ri-attuazione post traumatica, un meccanismo inconscio di adattamento che spinge le persone a ripetere un’esperienza anche se è stata terribile, come maniera di giustificarla o normalizzarla.
Forse un modo con cui Jane ha cercato di dare un senso al passato tormentato della madre è stato di normalizzarlo sostenendo che l’aborto sia una cosa buona, un diritto a disposizione di ogni donna.
Le recenti riflessioni di Jane, includendo un blog che tiene sul suo sito, mostrano che con l’invecchiare ella sta diventando sempre più introspettiva. Ha chiesto scusa per il suo incontro controverso con soldati nord vietnamiti durante la guerra del Vietnam e sostiene persino l’astinenza nel suo libro “Being a Teen”. Forse possiamo aspettarci che un giorno cambierà le proprie opinioni sull’aborto e discuterà onestamente di come si è sentita a sapere di non essere una di due figli, ma una di 11.
Quando sarà pronta per fare questo passo, spero che cercherà la guarigione e troverà finalmente la pace che l’ha sfuggita.


link:


“Che cosa ti ha fatto quel bambino ogni giorno?”

2017-04-03

Il video qui sotto (con sottotitoli in italiano) riguarda la testimonianza dell’ex medico abortista Kathi A. Aultman data a una commissione del Senato degli Stati Uniti.

In un’altra occasione la stessa Aultman aveva detto: «Personalmente facevo molta fatica a capire come i medici tedeschi potessero fare ciò che hanno fatto durante la guerra. Ora era diventato chiaro. Ogni volta che prendi un gruppo di persone e le consideri non umane, puoi fare a loro ogni cosa. Fu solo quando ebbi il mio bambino che capii come i medici tedeschi potessero fare ciò che hanno fatto. All’improvviso ho visto quello che mi è capitato durante il tirocinio.»



“Democraticamente” lecito

2016-10-24

“La mia posizione è in linea con la Roe v. Wade, le donne hanno un diritto costituzionale di compiere queste decisioni intime e personali e difficili basate sulla propria coscienza (...) e voglio mantenere questa protezione costituzionale. (...) La persona non ancora nata non ha diritti costituzionali.”
Questa è la posizione di Hillary Clinton, peraltro in linea con il proprio partito, il partito democratico, e con le posizioni di Obama. Sia negli USA che in Italia i “democratici” sono sempre all’avanguardia sul “diritto” ad abortire.

Negli USA l’aborto può essere anche a nascita parziale o D&E ed è legale dal 1973 (sentenza Roe v. Wade).
Nell’aborto a nascita parziale (terzo trimestre) il bambino in utero viene afferrato per i piedini ed estratto fino a che solo la testa rimane all’interno dell’utero. Il “medico” poi effettua un foro nella nuca e attraverso un aspiratore risucchia fuori il cervello. La testa collassata del bambino morto può così uscire facilmente dall'utero.
Orribile, vero? Ma questo è ciò che Michelle Obama ha definito una “legittima procedura medica”.

ABORTO A NASCITA PARZIALE
IMMAGINI CRUDE
 



Nell’aborto D&E, Dilatation and Evacuation (dilatazione e svuotamento, secondo trimestre) il bambino viene fatto a pezzi ed estratto dall’utero. I pezzi vengono “riassemblati” a parte per controllare che sia stato estratto tutto.

ABORTO D&E
IMMAGINI CRUDE





Per approfondire:


Se pensate che non faccia male, vi prego, ripensateci (aborto D&E)


Un applauso dall’inferno (aborto a nascita parziale)


Ho lasciato che quel macellaio la facesse a pezzi (aborto a nascita parziale)


Ciò che Obama finse di non sentire (aborto al secondo trimestre)



Da ieri non sono più pro aborto

2015-08-16

Testimonianza di uno studente di medicina


Per cominciare, devo dire che fino a ieri, venerdì 2 luglio 2004, ero fortemente pro-choice. Sono uno studente pre-medico, ed essendo molto scientifico, capivo che la massa di cellule che forma il corpo del feto non è spesso capace di sopravvivere prima di 24 settimane nell’utero. Sono anche piuttosto liberal, e credevo che ogni donna dovrebbe avere il diritto di scegliere cosa fare del proprio corpo e di quello che potrebbe potenzialmente crescere dentro di lei.
Questa estate sono stato accettato in un programma pre-medico nella città di New York in cui ci consentono di stare dietro ai dottori e vedere tutti i tipi di procedure mediche. Quando mi fu data la possibilità di vedere un aborto non ho esitato ad accettare l’offerta. Era qualcosa di nuovo, audace ed eccitante che non avevo mai visto. Quando entrai nella sala operatoria, sembrava come ogni altra in cui ero entrato. Vidi una donna, con le gambe alzate come se stesse partorendo, sebbene fosse addormentata. Vicino a lei c’era un vassoio di strumenti per l’aborto e un aspiratore per aspirare i tessuti fetali dall’utero. I medici si misero camici e maschere e cominciò la procedura. La cervice era tenuta aperta con uno strumento metallico grezzo e un largo tubo trasparente era infilato all’interno della donna.
Bambino a 9 settimane dal concepimento
Nel giro di pochi secondi fu acceso il motore della macchina e sangue, tessuto e piccoli organi furono tirati via dal loro ambiente e per finire in un filtro. Un minuto dopo l’aspiratore ebbe una battuta d’arresto. Fu rimosso il tubo, e attaccato ad esso c’era un corpicino e una testa attaccata a caso ad esso, ciò che era formato dal collo spezzato. Le costole erano formate, con una sottile pelle che le copriva, gli occhi erano formati, e gli organi interni avevano cominciato a funzionare. Il cuoricino del feto, evidentemente un maschietto, si era appena fermato, per sempre. Il filtro dell’aspiratore fu aperto, e furono contati i piccoli bracci e gambe che erano stati strappati dal feto. Le dita delle mani e dei piedi avevano l’inizio delle unghie sopra. I medici, orgogliosi del loro lavoro, riassemblarono il corpo per mostrarmelo. I miei occhi si gonfiarono di lacrime mentre toglievano il bambino dal tavolo e mettevano il suo corpo in un contenitore per rifiuti. Da ieri alle 10,30 non sono stato capace di pensare ad altro che a cosa sarebbe stato quel maschietto. Non penso che le persone capiscano che cosa sia davvero un aborto finché non lo vedono accadere. Sono stato torturato da queste immagini, così reali e vivide, per due giorni, ed ero solo uno spettatore.
Non sarò mai più pro-choice, e non sosterrò mai più l’omicidio di un qualsiasi essere umano, non importa a quale stadio vitale.


Testimony of a Medical Student


Aborto chimico... indolore?

2015-07-19

Era il 2003, avevo 23 anni ed ero volontaria a Planned Parenthood, studente di college, ero una donna incinta di 8 settimane di suo marito… un marito da cui stava divorziando. Non volevo un bambino così avevo la soluzione… l’aborto. Avevo già avuto un aborto ed era stato facile. Sicuramente questa volta sarebbe stato uguale. Invece dell’aborto chirurgico, questa volta avrei scelto un modo più “naturale” di abortire… l’aborto chimico. Era una questione di pillole e sembrava davvero semplice.
Abby Johnson
Tutto veniva fatto a casa. Era una cosa privata, sulla tua agenda, sotto il tuo controllo e sembrava meno invasivo. “Non è peggio di un ciclo abbondante” secondo Planned Parenthood. Mi sembrava molto semplice. Così, abboccai. Presi un appuntamento e misi insieme il denaro. Arrivò il giorno e mi sembrava davvero come un qualsiasi altro giorno. Non ero nervosa… non dovevo avere un’operazione chirurgica. Sarebbe stato semplice. Alla clinica riempii i moduli, mi fecero le analisi del sangue, mi fecero un’ecografia (che non ricordo), e mi misero in una stanza per un colloquio psicologico sull’aborto. Avevo portato qualcuno con me ma, naturalmente, dovevo fare tutto questo da sola. A nessuno tranne la paziente veniva consentito di andare oltre la sala d’aspetto. Ricordo il mio “colloquio psicologico” come fosse ieri: “Avrai dei forti sanguinamenti e il ciclo come dei crampi” – disse il mio assistente; “Suona bene” – ricordo di avere detto. E immagino che suonasse davvero bene. Potevo liberarmi del mio più grande fardello per 400 dollari e un po’ di crampi. Non era un cattivo affare. Sembrava che non ci fossero rischi o effetti collaterali… o se ce n’erano, non ne parlammo. Sicuramente se ci fossero stati rischi me ne avrebbero parlato, giusto? Così l’affare fu fatto. Diedi loro 400 dollari e mi diedero una pillola di Mifeprex e un astuccio marrone di pillole da portare a casa. Il giorno dopo feci come mi avevano detto. Feci un pranzo leggero e presi le 4 pillole nel mio astuccio marrone chiamate Misoprostol. Mi dissero che erano le pillole che avrebbero provocato il sanguinamento e i crampi… ma niente che un Ibuprofene non potesse risolvere. Mi dissero che dopo aver preso le pillole a casa avrei cominciato a sanguinare dopo circa un’ora.
la pillola RU486
Così mi misi comoda nel letto e accesi la TV. Dieci minuti dopo cominciai a sentir male nel mio addome come nessun’altra cosa che abbia mai provato. Poi arrivò il sangue. Zampillava fuori da me. Non potevo portare un pannolino … niente riusciva ad assorbire la quantità di sangue che stavo perdendo. L’unica cosa che potevo fare era sedermi sul water. Sedetti per ore… sanguinando, vomitando nel bidone del bagno, piangendo e sudando. Guardavo abitualmente delle trasmissioni sul parto. Vedevo queste donne in travaglio che erano coperte di sudore. Pensavo sempre “Caspita, le tengono in caldo nella sala parto o cosa?”. Ma in quel momento, seduta sul water, capii che non era il caldo… era il dolore.
Dopo diverse ore sul water volevo disperatamente immergermi nella vasca da bagno. Speravo che mi avrebbe fatto sentire meglio. Forse l’acqua calda avrebbe dato sollievo ai crampi. Sicuramente mi avrebbe dato un odore migliore. Avevo vomito tutto nei miei capelli e sulle mie gambe, per non parlare di come ero sudata. Riempii la vasca e salii dentro.
Mi fece stare davvero abbastanza bene. Ricordo di aver chiuso gli occhi e di aver appoggiato la testa indietro. I crampi continuavano a venire, ma l’acqua aiutava a lenirli in qualche modo. Aprii i miei occhi dopo 15 minuti e rimasi inorridita. L’acqua della vasca era rosso vivace. Sembrava come se fossi seduta nel mezzo di una scena di un crimine. E suppongo che lo fosse… avevo ucciso mio figlio.
Sapevo di dover alzarmi e lavarmi via il sangue. Mi alzai lentamente e raddrizzai il mio corpo. Nonappena fui completamente in piedi sentii un dolore peggiore di ogni altro che avessi mai provato. Cominciai a sudare ancora e a sentirmi svenire. Mi aggrappai al lato della parete della doccia per stabilizzarmi. Poi sentii qualcosa che usciva… e un tuffo nell’acqua che stava scolando dietro di me. Un coagulo di sangue grande come un limone era caduto nell’acqua della vasca. Era il mio bambino? Sapevo che questo grande coagulo non sarebbe andato giù per lo scarico, così mi chinai per raccoglierlo. Riuscii ad afferrare il grande coagulo con entrambe le mani e metterlo nel water. Rimasi sotto la doccia calda per qualche minuto… sentendo un po’ di sollievo dai crampi. Poi venne ancora quel terribile dolore. Saltai fuori dalla doccia e sedetti sul water. Un altro coagulo di sangue grande come un limone. Poi un altro. E un altro. Pensavo di morire. Non poteva essere normale. Planned Parenthood non mi aveva mai detto che sarebbe potuto succedere questo. Deve essere atipico. Decisi che li avrei chiamati la mattina… se non fossi morta prima. Era circa mezzanotte e stavo nel bagno da ben 12 ore. Sapevo di non potere uscire ancora. Non volevo stare sdraiata nel letto… il sanguinamento era troppo forte. E stavano venendo ancora coaguli, non così frequenti, ma venivano ancora. Così decisi di dormire sul pavimento del bagno quella notte… vicino al water. Il pavimento freddo dava una bella sensazione sul mio viso. Ero fisicamente esausta, ma non riuscii a dormire.
La mattina dopo chiamai Planned Parenthood appena aprirono e chiesi di parlare all’infermiera. Mi dissero che mi avrebbe richiamato presto. Lo fece. Le parlai di cosa mi era successo il giorno precedente. Mi disse “Non è anormale”. CHE COSA? Non poteva dire sul serio. Tutto il sanguinamento, i coaguli, il dolore… era NORMALE? “Sì” – mi disse – “Usa borse dell’acqua calda, immergiti in una vasca calda e prendi Ibuprofene”. Ero arrabbiata. Perché non mi avevano parlato degli effetti collaterali? Mi sentii tradita.
Passarono otto settimane. Otto settimane di coaguli di sangue. Otto settimane di nausea. Otto settimane di crampi lancinanti. Otto settimane di forti emorragie. Quando finalmente finì, tornai a fare la volontaria da Planned Parenthood. La mia rabbia era sparita ed era stata adesso sostituita da senso di biasimo per me stessa. Non davo più la colpa a Planned Parenthood. Davo la colpa a me. E onestamente, ero contenta di non essere incinta. Così la archiviai come una terribile esperienza e mi promisi che avrei fatto del mio meglio per far sì che nessuna che conoscessi scegliesse l’aborto chimico. Non volevo che nessun’altra passasse per quello che avevo vissuto.
Quando cominciai a lavorare a Planned Parenthood, lo feci proprio per questo. In realtà è diventato uno scherzo nella clinica: “Non fate vedere ad Abby le clienti MAB (aborto chimico). Le convincerà a cambiare in chirurgico e saranno qui tutto il giorno”. ODIAVO l’aborto chimico. Odiavo che lo stessimo propagandando in tutte le nostre cliniche. Non pensavo fosse la cosa migliore per le nostre pazienti. E dicevo loro i rischi. Raccontavo loro la mia storia. Parlavo loro dei coaguli, dei crampi, della nausea, del sanguinamento. Avevo visto troppe donne ferite da questo metodo “naturale” di abortire. Non c’era niente di naturale al riguardo. Ad una riunione della direzione espressi le mie preoccupazioni. Perché non parlavamo dei rischi? Perché nessuno me ne aveva parlato? “Beh, non vogliamo spaventarle” disse il mio supervisore. “Oh cioè sono spaventate quando pensano di morire per la quantità di sangue che perdono perché scegliamo di non dire loro che è presumibilmente normale” risposi. Questo non andava molto bene. Questa era la loro risposta? Non volevano che le donne fossero spaventate? La notte del mio aborto chimico, mentre giacevo sul freddo pavimento del bagno, non ero mai stata così spaventata. E se fossi morta da sola? Chi mi avrebbe trovato? I miei genitori avrebbero scoperto che la loro figlia era morta perché aveva abortito? Quella paura era reale. (…)
Nel 2003 una giovane donna è morta per aborto chimico. Si chiamava Holly Patterson. Da allora suo padre Monty lavora per far conoscere i pericoli e i rischi dell’aborto. Ha creato un sito: http://abortionpillrisks.org. Il sito è pieno di informazioni accurate sui veri rischi dell’aborto chimico. (…) Holly non doveva morire. Le donne non devono essere ferite dall’aborto. Fate conoscere la verità.

Abby Johnson

sempre di Abby Johnson: Ho visto quel bambino sbriciolarsi e sono diventata pro-life


Betrayed by Planned Parenthood