Judicial bypass

2008-03-29

Quando ero giovane, ricordo di avere sentito parlare di aborto e di aver pensato “Per nessuna ragione al mondo lo farei mai. È sbagliato. Come si può essere a favore?”. Poi tutto è cambiato. Avevo 17 anni quando l’ho scoperto. Un test di gravidanza fatto a casa aveva confermato le mie paure. L’ho detto a mio padre e abbiamo cominciato a parlare di cosa fare. Ho scoperto che nel mio stato devi avere il consenso dei genitori o quello che chiamano “judicial bypass” (scavalcamento giudiziario). Non volevo passare per il processo di avere un judicial bypass perché non capivo veramente cosa voleva dire. Non trovavo molte informazioni sul processo. La cosa più difficile per cui sono passata, a parte l’aborto ed i suoi postumi, fu dirlo a mia madre. Parlammo riguardo al tenerlo ed all’aborto. Le spiegai il processo. Sapevo bene che non volevo farlo ma sentivo di doverlo dare. Sapevo che avrei amato il bambino come doveva essere amato ma sentivo che nessun altro lo avrebbe fatto. La mia testa decideva per l’aborto, non il mio cuore. Mia madre non era d’accordo con l’idea che io abortissi e non voleva firmare per me. L’avrebbe fatto, ma non volevo forzarla così ho affrontato il processo di ottenere un judicial bypass. L’ho fatto un mattino ed al pomeriggio ho abortito. Ho letto alcune delle altre testimonianze qui su come fossero freddi e clinici alcuni dei medici ma tutti quelli con cui venivo in contatto erano servizievoli e carini. Penso che questo è ciò che mi ha fatto chiudere gli occhi. Se tutti erano così carini e comprensivi, quanto male poteva essere? L’aborto in sé come procedura non fu male. Anche la stanza di risveglio postoperatorio non era male ma il tragitto verso casa fu il peggiore che abbia mai sentito fisicamente. Tornai a casa e mi sdraiai perché avevo molta nausea, mia madre venne nella mia stanza e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Ricordo di averle detto di non piangere perché anche io avrei pianto. Il mese dopo mi comportavo come se fossi felice e del tutto non toccata dall’esperienza. Avevo il ballo di fine anno a cui pensare, volevo solo essere una teenager. Ora, venendo ad un anno dopo, ci penso almeno una volta al giorno. Non fai mai veramente caso a quante donne incinte ci sono e quante mamme con le carrozzine fino a dopo questa esperienza. Qualcosa mi ricorda costantemente il mio aborto e mi dà una fitta in profondità. Prima che passasse la data prevista per il parto, gli ho chiesto se ci avesse mai pensato e mi disse allora che si chiedeva quanto grande sarei diventata e cose del genere. Quando sono sopraffatta dalla vista di mamme e dei loro bambini, lui avverte il mio dolore. Penso a quando avrò figli e se avrò una bambina ho in progetto di parlarle quando sarà il momento giusto. Voglio che lei sappia che può venire da me e che io la sosterrò ed aiuterò in ogni modo. Ma non voglio che si senta come me, non voglio che lei abortisca. Avevo detto a mia mamma, al mio ragazzo e a me stessa che non avrei avuto rimpianti. Invece ne ho. Ogni secondo di ogni giorno…

testimonianza del 29 gennaio 2007
http://www.abort73.com/HTML/I-G-2-testimony.html


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