
L’aborto fu umiliante. Mi vergognavo tantissimo, principalmente perché non credevo neanche all’aborto allora. Il medico rideva di me e delle mie “credenze” e mi spiegava il funzionamento dell’aspiratore. Tutto era pulito e clinico. Mentre mi stavo riprendendo in una stanzetta mi diedero una scatola di pillole anticoncezionali. Sanguinai molto poco.
Il mio ragazzo ed io rompemmo la relazione. Non parlò mai dell’aborto. Non so perché. Avevo in realtà cercato di far finta con me stessa di non essere stata veramente incinta inizialmente, ma la cosa non funzionava perché nel profondo di me stessa sapevo di esserlo stata. Provavo un senso di colpa scioccante. Nessun altro sapeva dell’aborto. Andai da un prete che me ne parlò a lungo. Non potei avere l’assoluzione dal confessionale la prima volta, perché pensavo che se fosse successa ancora la stessa cosa avrei potuto rifarlo. Parlai a un secondo prete in confessione e alla fine mi fu data l’assoluzione – sebbene non mi sia sentita perdonata per alcuni anni. La cosa che più mi ha aiutata è stata in realtà il tempo (l’aborto è avvenuto nel 1980).
Penso di essere un po’ più compassionevole verso la gente in situazioni disperate (specialmente l’aborto). Ho aderito a un gruppo pro-vita perché credo fermamente che l’aborto sia sbagliato. All’inizio non pensavo di esserne degna.

http://www.priestsforlife.org/postabortion/casestudyproject/casestudy1072.htm
0 commenti:
Posta un commento