Mentre abortivamo le nostre madri uscirono per un caffé

2008-04-11

Nel 1979 avevo 19 anni. Condividevo l’appartamento con un collega di lavoro. Una notte uscii per bere qualcosa con il mio zio acquisito che aveva 34 anni. Dopo alcuni bicchieri uscimmo e ricordo solo che dopo tornammo al mio appartamento. Non ebbi molti contatti con lui dopo quella volta fino a quando lo chiamai per dirgli che pensavo di essere incinta. La sua prima reazione fu di chiedermi come facevo a sapere che era suo. La seconda fu: “pensavo che tu prendessi la pillola”.
Quando il test di gravidanza risultò positivo, presi un appuntamento con il mio medico. Mi disse quanto ero avanti, quando avrei partorito, e che sarebbe stato felice di seguirmi per tutta la mia gravidanza. A quel punto la realtà stava venendo fuori ed io ero molto spaventata. Gli chiesi informazioni sull’aborto. La sua unica risposta fu che lui non faceva aborti. Questo è tutto. Nessuna informazione.
Quando chiamai mio zio per riferirgli tutto, mi disse che aveva parlato con diverse sue amiche e che gli avevano detto che l’aborto non era “niente di che”. Allora andai a dire a mia mamma ed al mio patrigno che ero incinta. In quel momento stavo cercando di trovare un po’ di aiuto, ma non ne trovai. Mia mamma ed il mio patrigno mi dissero semplicemente che ero adulta ed era una mia decisione. Una volta ancora non mi fu dato sostegno o informazione. Ero così spaventata. Volevo solo che l’incubo finisse. Decisi di abortire.
Da quando avevo scoperto di essere incinta, avevo iniziato a spegnermi emotivamente. Questo spegnimento emotivo divenne ancor più completo quando entrai nella clinica. La gente alla clinica era molto fredda. Non mostravano affatto alcuna emozione; non mi dissero nulla. Non ero preparata a tutto quello che stava per succedermi. Ancora una volta non stavo ricevendo alcun vero sostegno o informazione.
Mia madre mi aveva accompagnata in macchina, e pagò l’aborto. La maggior parte delle ragazze che erano lì erano giovani e, anche nel loro caso, le madri le avevano portate lì. Ricordo che, mentre noi tutte stavamo abortendo, le madri uscirono per un caffè, come se ci stessero sistemando i capelli.
Mi sentivo così sporca e indegna. Ricordo che dopo essere uscita dalla clinica andai a casa con mia madre e ricordo che mi disse: “Hai fondamentalmente avuto una D&C [tecnica abortiva in cui il bambino viene fatto a pezzi ed estratto dall'utero]. Sei giovane e ti passerà. Devi solo dimenticare che sia mai accaduto e andare avanti con la tua vita”. Feci proprio così. O almeno lo credevo.
Incontrai l'uomo che sarebbe diventato mio marito, mi sposai. Ma non gli parlai dell’aborto. Non pensavo di potergliene parlare o mi avrebbe odiato e mi avrebbe lasciato.
Avemmo la nostra prima figlia ma non sentii mai l’amore profondo per lei che avrei dovuto avere. Per tante ragioni penso. La prima è che non avevo mai pianto per la perdita del bambino che avevo abortito. Avevo anche paura di amarla troppo. Sentivo che Dio se la stava per prendere per punirmi di avere ucciso il mio primo bambino. Avemmo poi un secondo bambino che amavo profondamente.
Eravamo sposati da circa dieci anni e il dolore per il mio aborto stava diventando insopportabile. Una mattina, tra le lacrime, dissi a mio marito la verità. Ricordo di avergli detto che avevo veramente bisogno di dirlo a qualcuno, ma che probabilmente mi avrebbe odiato. Gli parlai dell’aborto e fui colpita dal sentire tutto il sostegno e la compassione che mi diede. Sento che il sostegno che ricevetti per la prima volta nella mia vita, aveva molto a che fare con la mia ricerca di aiuto. Prima di questo non avevo mai sentito di essere degna di essere amata, né amavo me stessa.
Contattai Progetto Rachele a Omaha, che mi indirizzò da una consulente. Vidi questa consulente circa tre volte. Poi mi parlò di un gruppo di studio della Bibbia attraverso Progetto Rachele che potevo frequentare. Lo studio della Bibbia portò alla superficie tanti sentimenti su cui dovetti lavorare, aiutata dal sostegno psicologico che ricevetti allora.
Finimmo il nostro gruppo di studio biblico e da allora abbiamo cominciato un gruppo di sostegno mensile. Ho parlato anche ad altri gruppi della mia esperienza di aborto e di come ha influenzato la mia vita. Penso che sia stato molto importante raccontare la mia storia così che la gente potesse cominciare a capire la vera devastazione dell’aborto.
Ho perso un bambino molto speciale, e mi mancherà sempre e la amerò con tutto il cuore. Ma credo proprio che questa stessa bambina mi abbia mostrato che è possibile amare ancora.

Pubblicato originariamente in The PostAbortion Review 2(3) Fall 1994.
http://afterabortion.info/PAR/V2/n3/TESTIMON.htm


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