Più traumatico del cancro

2008-04-14

Il mio ginecologo mi diede il nome di uno che poteva farmi abortire. Questo avvenne prima della legge sull’aborto e non mi mise il nome per iscritto perché allora l’aborto era contro la legge. Avevo circa 18 anni ed era la mia prima esperienza sessuale. Il padre rifiutò di aiutarmi finanziariamente; l’aborto era contro la sua religione.
Sentivo che le persone che effettuavano la procedura erano proprio gli individui più insensibili che abbia mai incontrato. Chiacchieravano di cose futili e mi trattavano come se non fossi una persona a cui stava capitando qualcosa di molto traumatico. Inizialmente mi chiesero una grande somma di denaro per farlo, e finirono per farlo per 50 dollari.
Tre anni dopo l’aborto sposai una persona meravigliosa. Volevo disperatamente dei bambini; non li abbiamo mai avuti e da allora ho sempre sentito che era a causa dell’aborto, e che forse nel distruggere il mio bambino era capitato qualcosa che mi impediva di concepire. Non ho mai parlato a mio marito o ai miei genitori dell’aborto.
Suppongo di non aver mai affrontato l’aborto. Mettere giù tutto questo per iscritto me lo ha ripresentato molto intensamente, anche dopo tutti questi anni. Ho avuto il cancro, ma anche il ricordo di tutto quello che ho passato per il cancro non è traumatico quanto il ricordo di aver distrutto il mio bambino. So che Dio mi ha perdonato. Vorrei potermi dimenticare. Forse il mio modo di “affrontare” l'aborto è stato semplicemente non pensarci.
È troppo difficile.
Se considero altre vedove della mia fascia d’età, tutte senza eccezioni hanno figli e nipoti. Sicuramente hanno problemi, ma la solitudine non è uno di questi. Cerco di tenermi impegnata con il volontariato, il bridge e il golf, ma non è la stessa cosa. Penso però che a causa dell’aborto sono diventata una persona più religiosa. Forse sto ancora chiedendo perdono a Dio, non lo so.

http://www.priestsforlife.org/postabortion/casestudyproject/casestudy300.htm


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