Non si rimedia ad una violenza con un’altra violenza

2008-04-17

Sono una vittima dell’incesto; uno dei “casi difficili” per l’aborto. Fui violentata da mio padre quando avevo quindici anni. Non era la prima volta né sarebbe stata l’ultima. Però questa volta rimasi incinta.
Una notte mi sentii molto male ed i miei genitori mi portarono all’ospedale (credo ora che sapessero che ero incinta perché mi portarono a un ospedale diverso dal solito). Il medico del pronto soccorso scoprì che, oltre ad avere una brutta influenza, ero incinta di 19 settimane.
Mio padre si infuriò, accusandomi di ogni genere di cose, e pretendendo che abortissi. Il medico mi disse che ero incinta e mi chiese che cosa volevo. Avevo visto “l’urlo silenzioso” durante una lezione di religione alla scuola superiore e sapevo che l’aborto è un omicidio. Nonostante il dolore e la colpa che provavo sapendo chi era il padre del bambino, era di gran lunga meglio tenere il bambino dell’alternativa – ucciderlo. Rifiutai di abortire.
Mio padre ebbe un accesso d’ira incontrollabile e pretese che consentissi all’aborto o che il medico lo facesse con o senza il mio consenso. Il medico rifiutò a causa del mio diniego. Mio padre pretese che si trovasse un medico abortista, indipendentemente dal prezzo.
Entro un’ora quest’uomo arrivò all’ospedale, parlò con i miei genitori e decise di effettuare l’aborto, senza parlarmi. Rifiutati e cercai di andar via dal tavolo dove mi stavano esaminando. Allora chiese a tre infermiere di tenermi mentre mi legava con le cinghie al letto; mi iniettò un miorilassante per impedirmi di lottare mentre si preparava ad uccidere il mio bambino. Continuavo a urlare che non volevo abortire. Mi disse: “Chiudi il becco e smettila di strillare!”. Alla fine mi misero sotto anestesia generale e il mio bambino fu ucciso brutalmente.
Mi dissero che l’aborto avrebbe risolto il mio problema quando non fu mai veramente il primo problema.
Mi dissero: “I tuoi genitori sanno che cosa è meglio” quando ovviamente erano solo interessati della propria reputazione.
Mi dissero: “Tu prendi la giusta decisione” quando non mi fu mai data una scelta. Cosa più importante, dov’era la scelta del mio bambino?
Mi sento in lutto tutti i giorni per mia figlia. Mi sono sforzata di dimenticare la violenza e l’aborto. Non riesco a dimenticare né l’una né l’altro. Tutto quello che penso è: “Avrei dovuto fare di più, combattere di più, lottare di più per la vita del mio bambino.”
Forse la mia situazione non è comune, ma so che non è nemmeno unica. Le emozioni e i problemi con cui ho a che fare come risultato dell’aborto sono comuni. Il senso di colpa di sapere che il mio bambino è morto è una cosa con cui dovrò convivere per il resto della mia vita.
Sono stata violentata e tradita ripetutamente da mio padre, che Dio ha creato per amarmi e proteggermi. Sono stata umiliata, ferita e, certo, violentata un’altra volta dal medico abortista.
Perché anche le persone pro-vita parlano di eccezioni all’aborto in caso di stupro e incesto come se questo fosse un modo di avere “compassione” per la madre? Perché questa sarebbe l’unica risposta “amorevole” alla situazione? Ho parlato con persone pro-vita che ritengono l’aborto accettabile in alcune circostanze. Voglio dire alla gente: Se veramente volete essere compassionevoli, date alla madre la possibilità di scegliere la vita per il suo bambino. Se veramente amate le madri vittime di violenza, non permettete che vengano sfruttate un’altra volta da qualcuno che farà soldi col il loro bambino morto – un ricordo che le perseguiterà per il resto della loro vita.
La prossima volta che sentite parlare di “casi difficili”, ricordate alla gente che ogni gravidanza inattesa è difficile per la madre. Se credi che questi casi siano difficili hai ragione: sono estremamente difficili per la madre. Ma se tu scegli l’aborto, è una situazione impossibile per il bambino. La mamma ha bisogno di amore, sostegno e comprensione, non il dolore di consentire ad essere violentata un’altra volta per uccidere suo figlio. Indipendentemente dalle circostanze, indipendentemente dal dolore, quel bambino indifeso e innocente non ha voce, non ha difesa e non ha possibilità, a meno che offriamo un amore vero e una vera compassione alla madre.
Il mio aborto è avvenuto oltre cinque anni fa. Dio mi sta ancora sanando, ma è stata una lotta difficile. Ho esitato a scrivervi perché, anche se sono attivamente pro-life, pochissime persone conoscono la mia storia. È ancora molto difficile condividerla con altri, ma comunque volevo incoraggiarvi nella vostra posizione senza compromessi per la vita.
“Egli risana i cuori affranti e fascia le loro ferite” (Salmo 147,3). Dio vi benedica.

Pubblicato originariamente in The Post-Abortion Review 2(1) Winter 1993.
http://www.afterabortion.info/testimo.html


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