Sono una sopravvissuta all’aborto e non posso più rimanere zitta

2008-06-20

Un giorno, quando ero in terza elementare, mia mamma e mio papà mi chiesero di sedermi per parlare. Cominciarono col dirmi che, siccome ero molto piccola, i miei genitori mi trovavano che dormivo rannicchiata strettamente in posizione fetale, sepolta sotto le coperte e sempre in un lato del letto. Avevo l’incubo ricorrente di essere intrappolata in una stanza con una finestra bloccata da un coltello e dicevano di trovarmi spesso a parlare al mio “altro sé”. Mia mamma disse di pensare che questi erano segni che la invitavano a confessarmi qualcosa che aveva fatto e sperava che l’avrei perdonata.
Mi parlò di quando, a 39 anni, con cinque figli già grandi (il minore aveva 19 anni e due erano al college) si era trovata incinta. Aveva ricevuto pressioni da un’amica in particolare di abortire perché era troppo vecchia e sarebbe stato “ridicolo” avere un bambino alla sua età. Questo accadeva nel 1952, e la sua amica le insegnò un metodo per abortire da sola. Lei rimandò il suo aborto fino alla fine di giugno, al compleanno di Elliott, il figlio maggiore. Era incinta di circa tre mesi.
Cominciò a piangere e mi disse di non credere quando ti raccontano che non è un bambino, ma solo un ammasso di tessuto. Faceva fatica a continuare. “Era un maschietto perfetto”. Pianse disperatamente sul freddo pavimento del bagno e chiese a Dio di perdonarla e Gli promise che, se mai fosse rimasta incinta, non avrebbe MAI abortito il bambino. Fece andare il suo piccolo figlio giù per il water e disse che stette sdraiata sul freddo pavimento fino ad essere stordita.
Nessuno lo sapeva, tranne lei e la sua cosiddetta “amica”. Poi, sentì ancora di essere incinta. Il medico disse che io ero probabilmente un tumore o un’ulcera. E, agli inizi di settembre, le diedi un calcio! Il medico fu sorpreso che io fossi stata una gemella nascosta e fossi sopravvissuta al tentativo di aborto. Mia mamma non parlò con nessuno della sua gravidanza se non con mio padre, ed in seguito con il mio fratello più giovane Fred, che aveva 19 anni.
Avrei dovuto nascere il 21 gennaio 1953, però indussero il parto un mese prima, il 19 dicembre 1952 e, dopo tre giorni di travaglio, nacqui nell’Ora della Misericordia, alle 15,30 di domenica 21 dicembre 1952. Lei mi chiese di perdonarla. Le chiesi se mi amava ADESSO perché non mi conosceva allora. Lei continuò a singhiozzare e disse: “Sì, ti amo come la mia vita”. Dissi: “OK” e, dirigendomi dalla sala verso la mia camera, continuavo a sentire i suoi singhiozzi che mi spezzavano il cuore. Quando mio papà si affrettò a prendermi il braccio mi sussurrò: “Non l’ho fatto io”, ed indicando la mamma disse: “È stata lei”. E credo che lo Spirito Santo, attraverso di me, gli disse: “Ma il tuo amore avrebbe dovuto farla sentire sicura di avermi”. Queste parole colpirono il suo cuore e gli impedirono di venire ancora. (Nota: non ho mai più dormito rannicchiata o avuto incubi dopo quel giorno).
Gli anni passarono. La “malattia” senza nome di mia mamma era ciclica e la faceva stare a letto dalla fine di giugno all’inizio di settembre. A volte aveva accessi d’ira, o girava in casa di notte, o andava a fare spese pazze. Soffriva di paranoia, e s’ingozzava delle pillole prescritte dal medico. Questo la portò ad essere ricoverata in ospedali psichiatrici, imbottita di farmaci psicotropi e sottoposta a dolorosi elettroshock. Parte della terapia consisteva nel dirle che era una vergogna – l’aborto allora non era legale – perché avrebbe potuto andare al college, fare carriera… e non sprecare i suoi talenti. Ricordo quando guardai in profondità nei suoi occhi drogati e le dissi in un giorno d’estate: “So che mia mamma c’è da qualche parte, ed un giorno quando sarò cresciuta scoprirò che cos’è questa malattia!”. Tutti noi soffrivamo. Attorno a me vedevo altre mamme con problemi ed ossessioni simili. Ora viviamo nei giorni di Roe v. Wade [la sentenza che ha legalizzato l’aborto negli USA]. Pensate alla vastità del dolore di mia mamma dovuta ad un solo tentativo di abortire, ed ora le donne abortiscono diverse volte! Tre mesi prima che mia mamma morisse, le chiesi perché tutti gli esaurimenti capitavano da giugno a settembre ogni anno. Perché? Scoppiò a piangere e disse che fu nel giorno del compleanno di Elliott (fine di giugno) che lei aveva abortito mio fratello e, quando Elliott morì tragicamente a 27 anni, lei sentì di aver causato la morte del suo primogenito quando aveva abortito il suo ultimogenito. A settembre lei si ricordava del giorno in cui l’avevo calciata e di quanto era felice, e questo la faceva uscire dalla depressione. Non poteva fidarsi di se stessa e si odiava per aver abortito suo figlio! Come poteva perdonarla Dio? Era una forma di autopunizione per un crimine che sentiva non potesse essere perdonato. Le dissi che per questo Gesù era morto e che Dio l’aveva perdonata quando lei aveva scoperto di essere incinta di me. Egli si era fidato di lei per darmi la vita. Non ci aveva mai pensato fino al giorno in cui glielo dissi. Tre mesi dopo morì, ma in pace, e perdonata.
Allora ed adesso, col silenzio dal pulpito, le comunità mediche e psichiatriche continuano a far andare questa industria di morte. Ora abbiamo un nome per la “malattia”. È la sindrome post aborto. Ma i medici ed i cosiddetti “gruppi per i diritti” delle donne non la riconoscono nemmeno. Tante donne soffrono in silenzio, cercando aiuto. Tuttavia viviamo in un’epoca in cui i gruppi di Progetto Rachele, i ritiri dei Ministri di San Raffaele e le organizzazioni pro-life stanno facendo breccia nella barriera di silenzio ed aiutando tutte le vittime dell’aborto a trovare guarigione attraverso la croce di Gesù ed i sacramenti che danno vita, specialmente la Riconciliazione.
Non posso più rimanere zitta. Sono una sopravvissuta all’aborto. La vita non è mai uno sbaglio; la vita è sempre una benedizione di Dio. Ogni persona ha una missione divina che lei sola può compiere.
La Bibbia dice: “…e un fanciullo li guiderà”. È il peggiore dei tempi per il grande peccato, ma è il migliore dei tempi per l’abbondanza della grazia di Dio. L’amore è decisione. Decidiamo di non stare più zitti.
Audrey

http://www.priestsforlife.org/testimony/audreytestimony.html


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