
Fisicamente fu molto facile. Ero vicina alla fine del mio primo trimestre. Mi fecero dormire così che non sentissi il dolore. Ricordo che ero molto spaventata ma scherzai con l’anestesista e col medico prima. Non ricordo il nome del medico o niente del suo volto. Vorrei saperlo così da potergli scrivere e dirgli quanto alla fine fui devastata anni dopo.
Mi costruii un muro intorno per non reagire emotivamente [all’aborto]. Non mi sono afflitta, né ho pianto né mi sono sentita in colpa per 9 anni dopo l’aborto. Ma durante quel tempo sono stata promiscua. Quando trovavo dei bravi amorevoli cristiani che mi amavano veramente, li rifiutavo. Non mi sembrava di meritare il loro amore positivo. Ruppi col mio ragazzo che mi aveva messo incinta.
Nel 1979 rimasi di nuovo incinta. Tutti cercarono di persuadermi o forzarmi ad abortire. Ma ebbi assistenza da alcuni pro-life di Philadelphia, lessi un libro sulle tecniche abortive e scelsi la vita per il mio bambino. È un caro ragazzo di 11 anni e mezzo, ed è un bravissimo studente in una scuola cristiana. Mi sono anche impegnata nel Movimento Pro-Life nel 1985, attraverso istruzione, impegno politico, picchettaggio fuori dalle cliniche per aborti. Ora sono un’esperta di aborto.
[L’aborto] mi ha dato dolore e pena più di quanto si possa dire. Ho commesso il più infame dei delitti: ho ucciso il mio bambino. Tuttavia il Signore mi ha perdonata, proprio come perdonò Paolo. Però rimpiangerò sempre ciò che ho fatto e probabilmente ne sarò sempre addolorata.

http://www.priestsforlife.org/postabortion/casestudyproject/casestudy942.htm
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