Due giornate che vorrei rivivere

2008-08-01

Mia sorella rimpiange ancora oggi il ruolo che ha avuto nel mio aborto. I suoi sentimenti sono cambiati da quando è diventata cristiana ed ha scoperto la verità sull’aborto.
Mia mamma ha chiuso l’argomento e non vuole affrontarlo. Non era consapevole della realtà dell’aborto e sapeva solo ciò che ne dicevano i mass-media liberali. Le ho scritto delle lettere su che cos’è veramente l’aborto e sui suoi effetti su di me personalmente, ma non ho mai avuto risposta.
Come affronto il mio aborto? Nell’unica maniera che può portare pace e perdono. È stato contro Dio che ho peccato, e solo Egli ha la facoltà di dirmi: “Sei perdonata, va’ e non peccare più”. Andare da assistenti e psicologi non aiuta. Anche se ti giudicano “non colpevole” o cercano di aiutarti ad affrontare “l’elaborazione del lutto”, non allevia il problema di base né risponde all’unico capace di liberarti. La mia risposta è di rivolgermi a Dio, pregare, gridare, finché Egli non ti liberi dalla colpa e dal dolore. Allora perché piangere ancora? In pentimento e rimorso, ed Egli è lì con il mio “spirito in pezzi”.
Quanto segue è una copia della lettera al redattore di un giornale locale, a cui ho scritto. Hanno anche chiesto che i resoconti della storia dell’aborto rimangano anonimi. Invece di rifarlo – perché è traumatico scrivere nero su bianco i particolari dell’uccisione di tuo figlio – vi mando la copia.

Avevo diciotto anni ed ero al primo anno di college. Ero lontana da casa per la prima volta nella vita, e prendevo le mie prime decisioni da “adulta”. Ci sono due giornate che in tutta l’eternità vorrei rivivere ma non potrò mai: il giorno che rimasi incinta ed il giorno in cui assassinai brutalmente il mio figlio innocente.
Dissi a mia madre della gravidanza e lei inizialmente mi disse che mi avrebbe aiutata e mi avrebbe aiutata a tirare su il bambino. Poi parlò a mia sorella che le parlò di un’amica che aveva abortito e disse quanto era facile. Se il governo non l’avesse reso legale, il mio bambino sarebbe vivo oggi perché i miei genitori hanno sempre rispettato la legge.
Chiamai il mio ragazzo che pure mi disse di abortire. Non lo vidi più.
Andai da Planned Parenthood che mi esaminò per essere sicuri che fossi incinta e scoprire quanto fossi avanti. Dissero che non vedevano altre alternative per me tranne l’aborto e che bisognava effettuarlo il prima possibile (non mi fu data alcuna spiegazione ma ero vicina ai tre mesi e gli aborti per suzione hanno complicazioni tanto più grandi quanto più si è avanti). Programmarono l’aborto alla clinica e mi portarono là con un’altra ragazza che avevano programmato.
Loro (Planned Parenthood) programmarono anche il mio incontro con un assistente il giorno prima dell’aborto, che pure non discusse in profondità altre opzioni attuabili, tranne l’aborto. L’intera seduta durò da cinque a dieci minuti.
Tenere il “bambino” (sebbene mi dissero di non chiamarlo “bambino”, era un feto – mi dissero)? “Tu non vuoi prendere i sussidi ed essere una ragazza madre” (anche se ero diplomata a pieni voti con genitori che avrebbero potuto aiutarmi, se avessi deciso di tenere il bambino).
Adozione? “Potresti vivere non sapendo mai niente del tuo bambino?” L’adozione può essere aperta o chiusa sulle informazioni scambiate tra la ragazza ed i genitori adottivi. Ci sono ragazze e genitori adottivi che vivono insieme finché nasce il bambino e affrontano la nascita insieme. Ci sono quelli che si scrivono lettere tra di loro.
L’aborto fu presentato come fosse avere un aborto spontaneo. In un aborto spontaneo il bambino non è sviluppato al punto di essere in grado di sopravvivere dopo la nascita, laddove questo minuscolo bambino di dodici settimane che stavo portando doveva solo aumentare di peso per nascere normalmente. Tutti i suoi sistemi erano già formati. Il cuore del bambino stava battendo e poteva essere udito dallo stetoscopio di un medico, ma non lo fu.
L’aborto per suzione fa letteralmente a pezzi il bambino, e non muore istantaneamente senza dolore. Il bambino morirà per lo shock, dissanguamento, emorragia cerebrale o solo per l’essere fatto a pezzi. Il bambino cercherà di scappare da questo aspiratore, che è più potente di un aspirapolvere domestico. I fatti non mi furono mai detti.
Non si parlò mai dei rischi per la mia salute fisica dopo l’aborto.
Le “infermiere” ci misero circa 45 minuti per trovare la pressione sanguigna. Fu un tale shock per me. Quando più tardi mi misi a piangere, era tutto ciò che potevo fare, il lutto era tanto grande. Sto ancora piangendo.
Non c’era nessuno dopo che tutto era avvenuto. Non ci fu alcun esame dopo neanche per vedere se ero a posto fisicamente. Planned Parenthood aveva avuto il suo denaro ed ero solo un’altra cifra nei loro libri. Chi mi poteva aiutare per liberarmi dal senso di colpa? Chi poteva capire il lutto che mi sopraffaceva?
Ora sono sposata con due figli ed uno è in arrivo. Ogni volta che rimango incinta mi chiedo quale sarebbe il costo dell’aborto di questa gravidanza, se tutto andrà bene.
Questo mese sono quattordici anni che ho abortito. Questo mese sono quattordici anni che ho ucciso mio figlio. E piango ancora.

http://www.priestsforlife.org/postabortion/casestudyproject/casestudy977.htm


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