Il mondo tabù del post-aborto

2010-06-13

Vi propongo questo bell’articolo sul post-aborto a cura del Dono.





Pablo ha vissuto ventidue settimane e un giorno. Una vita cortissima. Ma è stata capace di trasformare quella di Lucia. È un lunedì mattina, quando entra in ospedale per abortire. Gli esami hanno evidenziato una malformazione. In sala parto, l’ostetrica le chiede se vuole vedere il bambino. Lei rifiuta. Poi cambia idea. «Me l’hanno messo tra le braccia e le parole mi sono uscite da sole: “Amore mio”. Era stupendo. Sembrava dormisse», racconta Lucia a Tracce. Davanti al medico, a un elenco dettagliato di problemi senza soluzione, l’aborto le è sembrata l’unica possibile. «Io non volevo soffrisse e l’ho ucciso. Che inganno». Il primo attacco di panico l’ha sorpresa poco tempo dopo: «Di lì è iniziata la disperazione. Ero schiacciata dall’angoscia. Con lui sono morta anch’io». Questa frase è identica in tutte. Nelle storie delle donne che hanno abortito, la ripetizione delle stesse parole è vertiginosa. Madri che non si conoscono, con età ed esperienze diversissime. Ma il dolore è uno. Basta entrare nei forum virtuali dove si rifugiano, sono messaggi senza volto che gridano allo stesso modo. Cercano chi capisca quel grido. E sono piene di domande.

Quello del post-aborto «è un mondo tabù». Cinzia Baccaglini è psicoterapeuta familiare e membro del consiglio direttivo del Movimento per la Vita. Ha seguito centinaia di donne segnate dall’interruzione volontaria di gravidanza. È nelle chat e nei blog femminili che emerge tutta questa sofferenza negata. Si perde dietro a dei nickname. Anonima e sconfinata. «Non servo a niente. Che cosa sono? Chi sono? Tutto continua, normalmente, senza senso. Sono morta quel giorno». Qualcuna è colta da delle crisi, alla sera, non sa dargli un nome: «Mi sento qualcosa salire dentro il corpo, un peso che mi fa scoppiare in lacrime». E quasi tutte scrivono rivolgendosi ai figli, parlano con loro: «Ti penso sempre. Ho avuto paura del tuo arrivo, ma più passa il tempo e più il senso di colpa si insinua nella mia anima». Sono lettere a bambini mai nati, ma presenti: «Sei arrivata all’improvviso. Ora mi restano solo i cinque mesi in cui la tua vita ha incontrato la mia e quella di tuo padre»...




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