Lodate il Signore perché ha compiuto prodigi

2008-04-16

La mia infanzia è stata brutale. Fui abbandonata da mio padre quando avevo due anni e mezzo. Quando poi ricomparve nella mia vita avevo otto anni e fu peggio. Sono sopravvissuta all’incesto, alla fame e alle percosse.
Ero attaccata alla vita. Furono i miei due aborti che quasi mi distrussero.
Quando rimasi incinta per la quinta volta in sette anni, il mio medico mi chiese se pensassi veramente di dover “proseguire la gravidanza”. L’idea di abortire non mi si era mai presentata fino a quando lui me la suggerì. Mio marito mi disse: “È una tua decisione, fai quello che vuoi”, e uscì per andare al lavoro. Ingenuamente cominciai a cercare donne che avessero abortito, ma non riuscivo a trovarne nessuna che ammettesse di averlo fatto. Chiesi al mio medico e mi disse: “Ci vogliono solo pochi minuti ed è finito.” Avendo già avuto quattro bambini, ora sono allibita di quanto ignorassi lo sviluppo fetale. Il mio medico disse che il bambino – a sei settimane e mezzo – era “solo un grumo” e gli credetti. Dopo, anche prima di essere tornata a casa, cominciai a piangere. Non riuscivo a smettere. Quando alla fine smisi di piangere esteriormente, continuai a piangere interiormente. Mi sentivo così sporca e sola. Qualcosa nel profondo di me si era congelato, credo. Sognavo molto la neve e il ghiaccio, e bambini. Mi sentivo ingannata, tradita e manipolata.
Andai da una psicoterapeuta e mi disse: “perdonati” e “continua ad andare avanti”. Non mi disse come.
Due anni dopo abortii ancora come atto di autopunizione. Volevo morire, o almeno impazzire per fuggire al tormento, agli incubi con bambini, al disgusto di me e al degrado che sentivo.
* * * * *
Non mi avevano detto che ci sarebbero state complicanze che non si sarebbero rivelate per anni. Non mi avevano detto che la forza della macchina aspiratoria è tale che può quasi rivoltare l’utero come un calzino. A causa di questo mi hanno dovuto fare un’isterectomia precoce.
Non mi avevano detto che dopo l’aborto un incredibile odio di me stessa mi avrebbe consumato e portato alla sfiducia, al sospetto e alla completa incapacità di prendere cura di me stessa o degli altri, inclusi i miei quattro figli. Non mi avevano detto che sentire piangere i bambini avrebbe fatto scattare in me una tale rabbia che non sarei stata assolutamente capace di stare vicino ai bambini.
Non mi avevano detto che mi sarebbe risultato impossibile guardare i miei occhi nello specchio. O che la mia autostima sarebbe stata così scossa che sarei diventata incapace di prendere decisioni importanti per la mia vita. L’odio che provavo per me stessa mi impedì di raggiungere il mio obiettivo di diventare infermiera professionista. Pensavo di non meritare il successo.
Non mi avevano detto che sarei arrivata a odiare tutti quelli che mi avevano consigliato di abortire, perché sono stati miei complici nell’omicidio dei miei bambini. Non mi avevano detto che abortire col consenso di mio marito avrebbe finito per farmi odiare il padre dei miei figli, o che non sarei riuscita a sostenere NESSUNA relazione soddisfacente, duratura e appagante.
Non mi avevano detto che avrei tentato il suicidio l’autunno dello stesso anno, quando entrambi i miei bambini avrebbero dovuto nascere.
Non mi avevano detto che i giorni dei compleanni dei miei figli viventi avrei ricordato quei due per i quali non avrei mai fatto una torta di compleanno, o che nel giorno della festa della madre avrei ricordato i due che non mi avrebbero mai mandato un biglietto o che ogni Natale avrei ricordato i due bambini per i quali non ci sarebbero stati regali.
I miei aborti dovevano essere una “soluzione rapida” per i miei problemi, ma non mi avevano detto che non c’è “soluzione rapida” per i rimorsi.
* * * * *
Andai in un ospedale psichiatrico e mi fecero l’elettroshock. Non servì. Gli incubi continuavano.
Divenni lavoro-dipendente. Il lavoro non mi aiutava.
Divenni bulimica compulsiva. Il cibo non mi aiutava.
Divenni anoressica come altra forma di auto-punizione. Questo arrivò quasi ad uccidermi; ebbi due ictus.
Provai con l’alcool. Servì solo per poco tempo. Il tormento era sempre presente quando mi svegliavo. Questo tentativo di fuggire il dolore durò solo due mesi.
Alla fine tre cose mi hanno aiutato. Per primo, ho partecipato a un programma di guarigione post-aborto di dieci settimane. È stato incredibile! Mi è servito molto.
Secondo, ho fatto un corso di formazione per aiutare altri attraverso il programma di guarigione post-aborto. Ogni volta che guido un gruppo, assisto al miracolo della misericordia di Dio che riporta la gioia nelle vite di queste donne. Questo mi ha aiutato.
Terzo, nel settembre 1997 ricevetti una telefonata alle due del mattino. Una ragazza del Texas aveva visto un libretto con la mia testimonianza. Aveva prenotato un aborto alle tre del giorno dopo. Parlammo fino alle cinque del mattino. Più tardi mi richiamò e disse che aveva deciso di non abortire più.
Infine, ho saputo con certezza che Dio aveva usato la mia esperienza per salvare qualcun altro ed evitargli di compiere il mio terribile errore. Questo mi ha aiutato tantissimo.
Guarire non significa dimenticare. Proverò sempre rimorso per quello che ho fatto e sentirò sempre la mancanza dei miei bambini fino al giorno in cui sarò con loro in Cielo. Ma ora so che Dio può usare ogni parte delle nostre vite, anche la peggiore, per consentirci di aiutare gli altri.
Lodate il Signore. Egli è buono e misericordioso. Egli ha compiuto cose meravigliose nella mia vita.

testimonianza di Judith Evans
http://www.afterabortion.info/hope/arti14.htm


1 commenti:

mainer ha detto...

E' agghiacciante leggere quante pluraità di vittime faccia l'aborto. Tra i bambini e tra le madri. Davvero è il genocidio censurato...