È stata la decisione che più ho rimpianto

2008-06-24

Avevo 29 anni, ero madre nubile di due figli piccoli e lavoravo a tempo pieno per mantenerci. Avevo una relazione con un uomo da circa sei mesi, quando rimasi incinta. Avevo avuto problemi nel concepire i miei primi due figli, e siccome amavo quest’uomo, ero felice.
Il padre del mio bambino non lo era, e non voleva che lo avessi. I pochi amici che conoscevano la situazione concordarono che avrei dovuto abortire. Una persona (un legale), mi suggerì che se avessi deciso di avere il bambino, avrebbero potuto dichiararmi madre non idonea e farmi perdere la custodia degli altri miei due figli. Che cosa c’entra l’uccidere con l’essere una madre idonea?
Ero stata da un ginecologo e l’organizzazione fu fatta in un ospedale locale. Mentre mi portavano sulla barella per la sala cominciai a piangere, ed il medico mi disse: “Dianne, non devi fare così”, e la mia unica risposta fu: “sì, devo”. È stata la decisione che più ho rimpianto. Quel giorno, così tanto tempo fa, ha creato in me un buco che non si sarebbe mai riempito.
Tutti dicevano che era solo un grumo di sangue, un pezzo di tessuto. Ma io sapevo che era un bambino che stava crescendo dentro di me, ed io volevo disperatamente il mio bambino. Ogni giorno vorrei aver cercato aiuto e non aver ceduto alla vergogna ed alla disperazione: perché ci lasciamo spingere da altri a prendere una decisione che ci segnerà per la vita?
Gli ani passavano, ma il dolore no. Seppellii questa cosa così profondamente dentro che non ne ho mai parlato per quasi 25 anni. Il momento del cocktail divenne un rituale importante: trovavo che l’alcool era eccezionale per offuscare le emozioni. Sognavo di camminare in una stanza o uno sgabuzzino e di trovare il mio bambino e di non ricordare se avevo dato da mangiare o cambiato il bambino. Fu difficile quando nacquero i miei nipotini: il pensiero del mio figlio mancante mi faceva così male. Tutto questo era sepolto dentro. Fuori ero la moglie, nonna, impiegata ed amica impegnata e di buona reputazione.
Com’è che questo diritto della donna a “scegliere”, per cui tanto combattono i fautori dell’aborto, ferisce così tanti, così profondamente, così a lungo? Alcuni anni fa vidi un annuncio in un nostro giornale locale e andai ad un incontro organizzativo di un centro di aiuto alla gravidanza. Per la prima volta ho trovato speranza con la nascita di quel centro. Ho trovato un modo per affrontare le mie emozioni sepolte. Ho frequentato un corso biblico di recupero dall’aborto dove ho trovato il perdono di Dio. Ho anche trovato libertà dall’impedimento che avevo ad aprire la mia bocca e a parlare della mia esperienza. È nato anche un sogno in me e quel sogno è vedere la fine di questo olocausto che è l’aborto.
Anche il mio rapporto con il mio Signore e Salvatore, Gesù Cristo, è stato riparato, ed è per Sua grazia che posso parlare francamente. C’è perdono e c’è libertà dalla schiavitù dell’aborto. Rimpiango di avere abortito. L’aborto ferisce le donne! Ogni giorno donne e ragazze sono incoraggiate a sottoporsi ad una procedura che le segnerà a vita. Ascoltatemi, non siamo straniere e non siamo mere statistiche. Siamo figlie, sorelle e madri. Non possiamo e non staremo più zitte. Le donne si meritano qualcosa di meglio dell’aborto. Dobbiamo andare oltre al rendere raro l’aborto, dobbiamo renderlo non necessario ed impensabile. L’aborto ferisce le donne e non starò MAI PIÙ ZITTA.

Dianne Donaudy risiede con suo marito Donald nella contea rurale di Jackson, Florida. Don e Dianne hanno otto figli tra di loro e quattordici nipotini. Lei ha condotto un corso biblico per donne post-abortive ed ha prestato servizio nel direttivo del locale centro d’aiuto alla gravidanza. Ora presta servizio nel comitato pro-life della Tavola Rotonda dei Governatori ed è la direttrice di Operation Outcry per la Georgia.


http://www.trinityzone.org/operationoutcryga/p3a.html
http://www.silentnomoreawareness.org/signaturead/ad.pdf
http://www.operationoutcry.org
Testimonianza di Don Donaudy


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